Bomoanga
Attraverso la testimonianza del superiore generale della Sma e di padre Vito Girotto, che, all’epoca dei fatti, era parroco di Makalondi, la missione più vicina, il ritratto di padre Pier Luigi, impegnato non solo a salvare anime, ma anche a garantire condizioni di vita migliori a cristiani e musulmani.
È passato un anno da quel 17 settembre, in cui, intorno alle 23, dalla missione di Bomoanga (diocesi di Niamey), in Niger, quasi al confine con il Burkina Faso, un gruppo armato rapisce il parroco, padre Pier Luigi Maccalli, appartenente alla Società delle Missioni Africane (Sma). Il religioso, che tanto si è speso “per il bene di tutti, cristiani e musulmani”, è nato a Madignano (Cr), il 20 maggio 1961. Abbiamo raccolto la testimonianza del superiore generale della Sma, padre Antonio Porcellato, e di padre Vito Girotto, al momento del rapimento parroco della missione di Makalondi, la più vicina a quella di Bomoanga. “La Sma vive questo primo anniversario con trepidazione, con la fiducia che padre Gigi sia vivo e con una incessante preghiera per la sua liberazione. Il suo rapimento è stato occasione di un sussulto in tutta la Società delle Missioni Africane e nelle suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli, in tutto circa 1500 missionari e missionarie per l’Africa. Un sussulto di preghiera per lui, di coscienza della nostra vocazione missionaria, del dono della nostra vita a Dio per la missione”, sottolinea il superiore generale.
Sempre in dialogo. “Una persona serena, di dialogo con tutti, musulmani e rappresentanti di religioni tradizionali, che ha annunciato il Vangelo concretamente, aiutando i più poveri, specialmente i bambini malnutriti e malati, promuovendo corsi di alfabetizzazione e lo scavo di pozzi di acqua.
Un uomo dinamico e di preghiera”.
Questo il ritratto di padre Maccalli che ci offre padre Girotto. “Pier Luigi è un missionario molto intraprendente sul piano pratico e profondo sul piano umano e spirituale. Conosce bene il Sahel, perché ha passato dieci anni nell’ambiente della savana del nord della Costa d’Avorio e poi undici nell’ambiente semidesertico di Bomoanga in Niger. Tutte queste cose gli permettono, io penso, di adattarsi alla condizione di prigionia, molto probabilmente in un ambiente dello stesso tipo. Gigi è una persona ottimista e adattabile. Non sarei sorpreso se venissi a sapere che ha stabilito relazioni di amicizia e collaborazione con chi lo detiene”, afferma padre Porcellato. “In un mese visitava anche 15 comunità sparse nei villaggi. Nella missione, ogni sera organizzava una preghiera in gurmancé per animare la comunità cristiana ma anche per mostrare che la Chiesa e il Vangelo sono per tutti”, prosegue padre Vito, che ricorda: “Le etnie sono due: i gurmancé, tra i quali ci sono i nostri battezzati, e i peulh (fulani), che sono pastori musulmani. La diocesi di Niamey conta 20mila battezzati e altrettanti catecumeni. La maggior parte dei battezzati provengono da Makalondi, Bomoanga, Kankani e Torodi, dove avevamo le nostre missioni”.
Padre Girotto racconta i drammatici momenti della notte del 17 settembre: “Attraverso il cellulare del mio confratello indiano Dass, che alloggiava nella casetta accanto a quella di padre Maccalli, ho vissuto quasi in diretta il rapimento. Durante il raid nessuno si è avvicinato alla missione perché i rapitori sparavano in aria per intimidire la gente del villaggio. Dopo hanno costretto padre Pier Luigi a salire su una grossa moto, seduto in mezzo tra il conducente e il secondo rapitore che lo sorvegliava”. Secondo padre Vito,
“rapendo il missionario hanno voluto far paura alla gente.
Padre Pier Luigi si occupava anche di una scuola cattolica, a Ngula, un villaggio a 30 chilometri di Bomoanga. Dopo il suo rapimento e quello del capovillaggio di Ngula, la scuola è stata chiusa per i timori dei genitori e dei maestri”.
Il superiore generale offre una chiave di lettura dell’accaduto: “Con molta probabilità i rapitori sono da identificare tra i gruppi di ideologia jihadista che sono nati e si sviluppano velocemente in tutta la zona del Sahel e di cui si era notato la presenza anche nella zona di Bomoanga negli ultimissimi mesi prima del rapimento. In parte le motivazioni di chi ha eseguito l’azione possono essere di natura economica. Si promette ai giovani di avere subito molto denaro a disposizione se si uniscono a queste azioni violente. Gli esecutori materiali possono avere ceduto padre Gigi a dei gruppi più organizzati e ideologizzati. Un europeo è una preda dal valore molto alto: può servire per un alto riscatto, ma può essere soprattutto merce di scambio per armi, connivenze militari, prigionieri, influenze politiche…”. Finora, “non c’è stato alcun contatto da parte dei rapitori. Pier Luigi è nella lista dei rapiti italiani presi in carico dall’Unità di crisi della Farnesina. Sin dai primissimi giorni del rapimento, i funzionari dell’Unità di crisi sono stati molto vicini alla famiglia e da allora non hanno cessato di battere tutte le strade possibili per arrivare a trovarlo”, precisa padre Porcellato.
L’insicurezza nella zona è marcata. “In quella stessa notte, la polizia locale di Makalondi mi ha inviato alcuni ragazzi cristiani per farmi sapere di dover andare subito via dalla missione. Accompagnato da un catechista ho dovuto rifugiarmi nella capitale Niamey”, dichiara padre Girotto. “L’arcivescovo di Niamey, mons. Laurent Lompo, è originario della stessa zona in cui operava padre Maccalli, la sola regione del Niger dove ci siano diverse comunità cristiane autoctone – rammenta il superiore generale -. Prima del rapimento si contavano 4 parrocchie tutte affidate a una decina di missionari e laici missionari Sma italiani, spagnoli, indiani e beninesi. Nei mesi successivi hanno dovuto ripiegare sulla capitale su ordine delle forze di sicurezza. Ora un minimo di servizio pastorale è assicurato a partire dalla parrocchia di Makalondi che viene raggiunta periodicamente da Niamey. Con l’arcivescovo, siamo in attesa che si ristabiliscano condizioni minime di sicurezza per poter riprendere la nostra presenza in questa zona”.
A un anno dal rapimento, padre Vito esprime un auspicio: “Spero che padre Pier Luigi sia ancora vivo, ma non so quando sarà liberato, temo che passeranno degli anni, dobbiamo continuare a pregare. Come Sma ogni venerdì preghiamo e ogni 17 del mese teniamo viva la sua memoria”. “Sento Pier Luigi vivo e molto vicino e, con tutti, ogni giorno chiedo al Signore la sua liberazione”, dice padre Porcellato.
Padre Maccalli, in un video realizzato da un suo confratello, si racconta così: “Sin da ragazzo sapevo di voler essere sacerdote e missionario. L’essere oggi prete missionario è un sogno realizzato”. Parlando del suo impegno a Bomoanga diceva: “la nostra è una missione di annuncio e di promozione umana. La nostra pastorale sociale è caratterizzata da 3 ‘S’: salute, scuola e sviluppo”.
In un video, realizzato a Niamey appena una settimana prima del rapimento, dal sacerdote della diocesi di Roma, don Federico Tartaglia, padre Pier Luigi spiega cosa lo spinge a tornare ogni volta in missione, dopo un periodo di riposo in Italia: “La passione per il Vangelo e per Cristo, per questa gente che lo vive: tutto ciò aiuta me a essere cristiano”.