Economia

Cosa vuol dire essere petrolio-dipendenti

Il petrolio diventa per i Paesi arabi e per gli stessi Stati Uniti un’arma di politica estera e agire sui prezzi al ribasso vuol dire creare difficoltà in alcune aree. Il paradosso è che gli Stati Uniti si sono gradualmente affrancati dalla petro-dipendenza e mentre chiedono prezzi bassi in verità non possono spingere più di tanto perché parte del loro petrolio (lo shale oil che si ottiene frantumando strati pietrosi bituminosi) ha un costo tale che può essere ripagato solo da elevate quotazioni sul mercato. Più l’estrazione dello shale oil diventa competitiva con i giacimenti classici, meno gli Stati Uniti sono interessati a impegnarsi militarmente nelle aree in tensione. Ciò non significa disattenzione per quella che resta un’arma economica

Anche se i perimetri geografici rimangono circoscritti le vittime non sono mai soltanto frutto di una guerra locale. Direttamente o indirettamente sono implicati altri Paesi confinanti o meno. All’origine possono anche esserci motivazioni etnico-culturali-politiche; quando se si va a vedere emergono sempre obiettivi economici come il controllo di aree e risorse strategiche. Il recentissimo attentato agli impianti di raffinazione Aramco in Arabia Saudita, che ha scosso il mercato internazionale del petrolio, viene ricollegato a un attacco delle milizie yemenite Houthi, in guerra con l’Arabia Saudita, appoggiate dall’Iran. Gli Stati Uniti sospettano che l’attacco sia opera diretta degli iraniani. Il contenzioso è lunghissimo. Occorrono dei mediatori per venirne a capo.

Mettere fuori uso raffinerie così importanti e presidiate, ricorda a tutti che per il petrolio si è combattuto e si combatte.

Condotti e raffinerie sono obiettivi strategici. Economie africane, sudamericane e arabe dipendono dal prezzo del petrolio e hanno bisogno che il prezzo non cali, quindi da una parte servono introiti urgenti e dall’altra non possono svendere sottocosto una risorsa della terra che ritengono loro.

Il petrolio risponde alla legge di mercato della domanda e dell’offerta. A ridosso dell’attacco alla raffineria il prezzo delle due principali tipologie di petrolio trattato (anche se poi ci sono qualità migliori e peggiori) era salito a ridosso dei 63 dollari il barile (Wti- Texas) per poi scendere a 59 dollari e il Brent (Mare del Nord) intorno ai 68 per ridimensionarsi 64,4 dollari. Ne deriva per noi, finora, un incremento limitato dei prezzi dei carburanti e qualche aumento indiretto.

Per le economie un prolungato innalzamento del petrolio può indebolire congiunture deboli. Porta l’inflazione cattiva, cioè l’aumento dei prezzi che nasce altrove e che premia altri. Non certo imprese e lavoratori che trovano nell’espansione margini per l’aumento dei ricavi e degli stipendi.

L’attacco muove la speculazione su oro e affini. Nel mercato delle materie prime c’è un prezzo di compravendita puntuale e c’è una parte collaterale più finanziaria dove si specula comprando a termine (cioè a una determinata scadenza futura, la materia prima in realtà non passa di mano ma le parti guadagnano o perdono su chi ha acquisito il diritto a comprare o vendere quella tal merce, a quel prezzo e alla tal data). i prezzi di questi contratti senza consegna si muovono sulla base di notizie o aspettative rialziste o ribassiste.

Per i cittadini significa un rialzo dei carburanti derivati dal greggio e di quello che viene prodotto o trasportato con benzine varie. Se il danno sembra essere limitato, in questi giorni si avverte tutta la fragilità di un sistema economico ancora petro-dipendente.

Vale per Paesi produttori come il Venezuela e vale per tanti. Il petrolio diventa per i Paesi arabi e per gli stessi Stati Uniti un’arma di politica estera e agire sui prezzi al ribasso vuol dire creare difficoltà in alcune aree. Il paradosso è che gli Stati Uniti si sono gradualmente affrancati dalla petro-dipendenza e mentre chiedono prezzi bassi in verità non possono spingere più di tanto perché parte del loro petrolio (lo shale oil che si ottiene frantumando strati pietrosi bituminosi) ha un costo tale che può essere ripagato solo da elevate quotazioni sul mercato. Più l’estrazione dello shale oil diventa competitiva con i giacimenti classici, meno gli Stati Uniti sono interessati a impegnarsi militarmente nelle aree in tensione. Ciò non significa disattenzione per quella che resta un’arma economica.