Disagio mentale. Quasi 3 milioni di italiani con sintomi depressivi, soprattutto al sud. Più colpiti donne e anziani
In Italia circa 2,8 milioni di persone mostrano sintomi depressivi e la metà ha sintomi di disturbi maggiori. I dati diffusi dall’Osservatorio sulla salute delle regioni nella Giornata mondiale per la salute mentale. Walter Ricciardi: “Occorre rafforzare assistenza primaria e rapporti ospedale-territorio, ma anche integrazione tra servizi sanitari e sociali”. E la prevenzione deve partire dalla scuola
Ieri, Giornata mondiale per la salute mentale, la Who (World Health Organization – Organizzazione mondiale della sanità) ha segnalato che sarà questa la vera emergenza sanitaria dei prossimi anni, mentre già oggi la forma più diffusa di disagio psichico – la depressione – colpisce oltre 300 milioni di abitanti del pianeta. Nel frattempo, l’Istituto nazionale di statistica-European health interview survey-Ehis ha fatto sapere che
in Italia 2,8 milioni di persone, ossia il 5,6% della popolazione di età superiore a 15 anni, presenta sintomi depressivi,
dei quali 1,3 milioni con sintomi del disturbo depressivo maggiore.
Il disagio mentale, conferma l’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, sta acquisendo sempre maggiore rilevanza a livello nazionale, coinvolgendo una sempre più ampia fetta di popolazione, specie tra gli anziani (su cui grava sempre di più anche il peso della malattia di Alzheimer) e le fasce più deboli della popolazione dal punto di vista economico e sociale, assorbendo risorse del sistema sanitario, nonché gravando su società e famiglie. Nel suo focus sul disagio mentale, il citato Osservatorio che opera all’interno di Vithali spin off dell’Università Cattolica presso il campus di Roma, informa che la depressione aumenta con l’età: dal 2,2% nella fascia 15-44 anni al 19,5% tra gli ultra 75enni. Ne sono più colpite le donne: tra le over 75 anni quasi una su quattro soffre di sintomi depressivi (23,0%) a fronte del 14,2% tra gli uomini.
A soffrirne di più i residenti al Centro e al Sud, in particolare in Umbria (9,5%) e Sardegna (7,3%).
Gli over 35 più vulnerabili sul fronte socio-economico presentano un’incidenza doppia rispetto ai coetanei con titoli di studio più elevati.
Cresce di conseguenza il consumo di antidepressivi mentre le persone affette da depressione e ansia cronica grave fanno ricorso più frequentemente alle cure dei medici di medicina generale e degli specialisti. Nel 2016, secondo stime del ministero della Salute, la spesa sostenuta per l’assistenza sanitaria territoriale psichiatrica ammonta a 3,6 miliardi di euro, con una incidenza sulla spesa sanitaria pubblica totale pari al 3,2%. In termini pro capite, si sono spesi in media 71 euro per ogni residente di età maggiore di 18 anni. La regione che destina la quota più bassa di risorse è la Basilicata: 42 euro contro i 145 (quota più alta in assoluto) della Provincia autonoma di Trento. La spesa sostenuta per l’assistenza psichiatrica è assorbita per il 47,9% dalle prestazioni ambulatoriali e domiciliari, il 39,0% dall’assistenza residenziale e il restante 13,1% da quella semi-residenziale.
“Il Servizio sanitario nazionale – sostiene Walter Ricciardi, ordinario di igiene generale e applicata all’Università Cattolica e direttore dell’Osservatorio – ha di fronte una nuova sfida con la quale misurarsi e tra le possibili strategie di intervento sicuramente va annoverato il rafforzamento dell’assistenza primaria e dei rapporti ospedale-territorio”. Per l’esperto, sarà inoltre necessaria
“una maggiore integrazione tra servizi sanitari e sociali,
insieme ad una migliore differenziazione dell’offerta sulla base dei bisogni dei pazienti, riducendo i troppi letti in residenze e comunità”, spostando i fondi “verso i servizi di comunità” e “aiutando le persone a restare nel proprio ambiente di vita”. “Oltre alle attività di cura e assistenza delle persone affette da depressione – aggiunge AlessandroSolipaca, direttore scientifico dell’Osservatorio – sarà importante attivare azioni efficaci nell’ambito della prevenzione primaria, per esempio attraverso
progetti nelle scuole per individuare i soggetti a rischio ed intervenire precocemente,
e attraverso un’attenzione particolare alle fasce di popolazione più anziane, le più a rischio, con programmi finalizzati a incrementare l’attività fisica e ridurre l’isolamento sociale”.