Sinodo per l'Amazzonia
La lotta per la casa comune si identifica con quella a favore dei poveri. L’impoverimento della terra, infatti, crea un maggior numero di poveri che poi bussano alle nostre porte, fuggendo dalla fame e dalla morte
Il Sinodo sull’Amazzonia, che è iniziato il giorno 6 di ottobre, durerà per tre settimane. È stato fortemente voluto da Papa Francesco, come punto di riflessione non solo su quella zona, certamente emblematica, ma sull’uso della terra considerata come una “merce” e di conseguenza come possibile proprietà di qualcuno, con diritto di uso e abuso. Le parole di Jair Bolsonaro, presidente del Brasile, confermano questa impostazione. Ha detto: “L’Amazzonia non è patrimonio dell’umanità. Non è nemmeno il polmone del mondo. Appartiene al Brasile, che ne può fare quello che vuole”. Secondo un’ottica sovranista questa affermazione è più che legittima. Il problema è che ancora non si è compreso che la terra è l’origine e il destino di tutti noi, che non può appartenere in modo esclusivo e totale solo a qualcuno. È la casa comune, anzi è tutti noi, fatti di terra.
Con questo Sinodo Papa Francesco prosegue su alcune linee fondamentali della sua Evangelii Gaudium, come la scelta dei poveri, l’attenzione alle periferie e la lotta contro la cultura del consumo e dello scarto. In quelle zone c’è una ricchezza di risorse naturali – come gas, petrolio, legno, oro – che fanno gola. Il Papa ha affermato: “Mai i popoli originari dell’Amazzonia sono stati minacciati quanto lo sono ora, ai nostri giorni, nelle loro stesse terre (…) è l’opera straordinaria di Dio ferita dall’avidità umana e dal consumo fine a se stesso che oggi ci invita a volgere lo sguardo. (…) Con la ricchezza della sua biodiversità, multi-etnica, pluriculturale e pluri-religiosa, l’Amazzonia è uno specchio di tutta l’umanità che, a difesa della vita, esige cambiamenti strutturali e personali di tutti gli esseri umani, degli Stati e della Chiesa”. Le parole di Bolsonaro, certamente sbagliate, una verità la fanno trasparire.
Se l’Amazzonia non è solo del Brasile, per la sua manutenzione tutta l’umanità deve portare il peso economico e non solo la rivendicazione culturale. È necessaria una corresponsabilità per lo sviluppo di tutte le popolazioni.
Quando il Papa parla di cambiamenti strutturali credo intenda proprio questo. Si evidenzia con chiarezza che la lotta per la casa comune si identifica con quella a favore dei poveri e che la Laudato si’ è un’enciclica sociale e non semplicemente “verde”. L’impoverimento della terra crea un maggior numero di poveri che poi bussano alle nostre porte, fuggendo dalla fame e dalla morte. Ma la terra non ci appartiene, Dio lo ha detto in Levitico 25: “La terra è mia e voi siete presso di me come inquilini e forestieri”.
(*) direttore “Il Momento” (Forlì-Bertinoro)