Dopo il sisma 2016
Approvate ieri sera dal Governo una serie di misure volte a risollevare le regioni del Centro Italia (Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo) colpite dal sisma del 2016. Tra queste, la proroga per tutto l’anno prossimo, sino a fine 2020, dello stato d’emergenza e l’approvazione di ulteriori interventi urgenti per l’accelerazione e il completamento delle ricostruzioni in corso nei territori colpiti. Il commento del vescovo di Rieti
Approvate ieri sera dal Governo una serie di misure volte a risollevare le regioni del Centro Italia (Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo) colpite dal sisma del 2016. Tra queste la proroga per tutto l’anno prossimo, sino a fine 2020, dello stato d’emergenza e l’approvazione di ulteriori interventi urgenti per l’accelerazione e il completamento delle ricostruzioni in corso nei territori colpiti.
Contenuto del decreto. Discusso insieme ai presidenti delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, ai rappresentanti locali dell’Anci, il decreto-legge prevede, inoltre, “la riduzione del 60% degli importi da restituire in relazione alla cosiddetta ‘busta paga pesante’, ovvero il taglio degli oneri fiscali, previdenziali e assistenziali che erano stati sospesi dall’agosto del 2016 a tutto il 2017 e che non dovranno più essere restituiti in misura integrale ma limitata al 40%; per la ricostruzione privata, una procedura accelerata per l’avvio dei lavori basata sulla certificazione redatta dai professionisti; misure per agevolare l’approvazione dei progetti per la ricostruzione, regolando le modalità e le procedure per la copertura delle anticipazioni ai tecnici e ai professionisti del 50% dei loro onorari alla presentazione del progetto con la previsione che per tali anticipazioni non possa essere richiesta alcuna garanzia”. Il decreto contiene anche “misure anti-spopolamento, quali la ricostruzione degli edifici pubblici, l’attribuzione della priorità agli edifici scolastici che, se siti nel centro storico, dovranno essere ricostruiti nel luogo nel quale si trovavano, salvo impedimenti oggettivi; incentivi agli imprenditori a non abbandonare i territori, come l’estensione al territorio dei Comuni del cratere della misura prevista a favore dei giovani imprenditori nel Mezzogiorno, denominata ‘Resto al Sud’ – con agevolazioni e incentivi ai giovani imprenditori che decidono di realizzare nuovi insediamenti nelle zone del cratere – e interventi finanziari a favore delle imprese agricole del territorio”. Non meno importanti sono “le misure per favorire lo smaltimento delle macerie, l’obbligo di aggiornamento da parte delle Regioni del piano per la gestione delle macerie e dei rifiuti, da effettuarsi entro il 31 dicembre 2019, al fine di individuare nuovi siti di stoccaggio temporaneo”.
“Meglio tardi che mai”
commenta al Sir il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, per il quale “sono misure positive che vanno nella direzione auspicata da tempo e che danno risposte concrete”. Il vescovo di Rieti, nella cui diocesi si trovano alcuni dei centri più segnati dal sisma come Amatrice e Accumoli, tuttavia, segnala “che dopo tre anni abbondanti siamo ancora a discutere su come progettare l’eventuale ricostruzione. Questo dice anche del difficile rapporto che c’è stato tra Governo centrale e istituzioni locali. La fase dell’ascolto è stata troppo lunga”, rimarca mons. Pompili per il quale “occorreva intervenire prima, sia per quel che riguarda il prolungamento dei benefici fiscali sia per ciò che concerne l’autocertificazione per favorire e intensificare la ricostruzione, che stenta a muoversi per la sensazione di eccesso di burocrazia che taglia le gambe a qualsiasi persona”. La proroga, fino a tutto il 2020, dello stato d’emergenza è, afferma il presule, “una misura interessante che, però, non deve farci adagiare su un’idea di emergenza continua. Dobbiamo, piuttosto, trovare la strada per affrontare e sciogliere i nodi irrisolti”.
“In questi tre anni, aggiunge, “è prevalso un criterio politico e partitico che fa del sisma la bandiera dell’una o dell’altra parte. Occorrerebbe, invece, che diventasse una questione trasversale e super partes, dietro la quale tutti indistintamente dovrebbero accodarsi. Vista la precarietà del quadro politico sarebbe impossibile pensare che una sola forza politica si intesti in toto una questione così complessa come la ricostruzione che, se va bene, occuperà qualche decina di anni”.
Beni ecclesiastici. Il vescovo di Rieti si sofferma anche sui beni ecclesiastici e sull’ordinanza n. 84 del 10 luglio 2019, “Approvazione del secondo Piano degli interventi di ricostruzione, riparazione e ripristino degli edifici di culto nei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016”. “Grazie a questa ordinanza che va nella direzione della ricostruzione definitiva – ricorda mons. Pompili – le diocesi potranno assumere il ruolo di soggetto attuatore e gli interventi saranno di fatto equiparati alla ricostruzione privata. Ciò carica la Chiesa di una grande responsabilità che comporta una serie di scelte, anche pratiche, per creare un team di professionisti capaci di portare avanti, sul piano legale, tecnico e amministrativo, questa opera. Si tratta di una cosa assolutamente necessaria perché lo abbiamo visto con la messa in sicurezza.
Nella nostra diocesi abbiamo messo in sicurezza 75 chiese, mentre i comuni e ministero insieme poco più di una ventina. Il che sta a dire che se non si muove la Chiesa direttamente ‘gli edifici di culto’ sono destinati a cadere.
Grazie a questo decreto si stanno avviando tutte le procedure per aprire i cantieri in vista della ricostruzione definitiva di un certo numero di chiese”.