Elezioni in Umbria
La campagna elettorale per le regionali in Umbria ha inseguito il cosiddetto “voto cattolico” con proposte e promesse sulle politiche familiari. Ma il “voto cattolico” esiste ancora? Probabilmente no – e non da oggi – perché anche tra coloro che si riconoscono tali si riproducono le differenze e le divergenze politiche che si registrano tra gli altri elettori. E se sarà un voto sofferto per coloro che non si riconoscono rappresentati dalle formazioni politiche che si presentano al voto, la scelta di fare delle elezioni umbre un referendum sul Governo nazionale, inevitabilmente sposta l’attenzione degli elettori dai candidati locali – che pure hanno il loro peso – agli schieramenti che li sostengono
Domenica siamo chiamati a votare per l’elezione del presidente della Regione dell’Umbria e il rinnovo del Consiglio regionale, e anche questa campagna elettorale ha inseguito il “voto cattolico” o dei cattolici.
Non è un caso se i big nazionali a sostegno della candidata della Lega Donatella Tesei si sono fatti presenti a Perugia tutti insieme per la presentazione del “Manifesto valoriale” a sostegno della famiglia, e se il leader nazionale di Democrazia solidale è venuto a Perugia per sostenere candidati di Demos che sostengono Vincenzo Bianconi nella presentazione dei 15 punti di programma per le politiche familiari che porteranno avanti se dovessero essere eletti.
L’obiettivo, il sostegno della famiglia, è comune ma le proposte e il modo in cui sono presentate sono diverse. Ed è forse proprio in questa diversità di “stile” che si celano le differenze rispetto alle quali è chiesto agli elettori di fare una scelta, sia perché lo “stile”, ovvero il modo di stare in politica, è un valore in sé, sia perché ci si dovrebbe chiedere quale sia oggi il modo più efficace per affermare i “valori” in questa società sempre più plurale e frastagliata.
Il punto, però, è che non esiste più – e non da oggi – il “voto cattolico” perché anche tra coloro che si riconoscono tali si riproducono le differenze e le divergenze politiche che si registrano tra gli altri elettori. In questa situazione la Chiesa si limita – per così dire – ad invitare i fedeli a fare scelte che siano coerenti con il Vangelo e con il Magistero. Esercizio non facile, evidentemente, perché nessun candidato né schieramento politico soddisfa completamente i “requisiti”. Era così anche negli anni dei “valori non negoziabili” quando chi li vedeva assunti da una sola parte politica spesso metteva tra parentesi alcune voci. In questi ultimi anni Papa Francesco, pur mantenendo fermi i riferimenti a principi e valori che nascono dal Vangelo, con i suoi gesti e le sue parole ricorda alla Chiesa che il “modo” di essere cristiani e di testimoniare il Vangelo, è importante. Ricordando, per esempio, che il Vangelo, la fede, non si impone ma si propone, che la Chiesa non occupa spazi né potere, e che il dialogo, e non lo scontro, è il modo evangelico di vivere le differenze.
Il voto “cattolico” dunque sarà un voto sofferto per coloro che non si riconoscono rappresentati dalle formazioni politiche che si presentano al voto. Inoltre, non ultimo, la scelta di fare del voto in questa nostra piccola Regione (non è offensivo, come ha tuonato qualcuno, ricordare che i poco più di settecentomila elettori umbri pesano meno del 2% sul voto nazionale) un referendum sul Governo nazionale, inevitabilmente sposta l’attenzione degli elettori dai candidati locali – che pure hanno il loro peso – agli schieramenti che li sostengono. La possibilità di indicare persone conosciute, data dal voto di preferenza, è comunque una possibilità che l’elettore ha di scegliere chi più lo rappresenti.
(*) direttrice “La Voce” (Umbria)