Unione europea
“Vorrei che questa nuova Europa che nasce si occupasse veramente dei problemi che i cittadini europei incontrano nella loro vita quotidiana. Dunque, una politica per la vita della gente, dei più deboli, dei più poveri”. Sono gli auguri del card. Jean-Claude Hollerich, presidente dei vescovi Ue, ai nuovi parlamentari europei e alla nuova Commissione europea che si sta formando sotto la guida di Ursula von der Leyen. Si è conclusa oggi l’Assemblea della Comece che ha riunito a Bruxelles i vescovi delegati di tutte le Conferenze episcopali dell’Ue
Un’Unione europea vicina ai problemi dei cittadini. Al fianco dei più poveri, impegnata a realizzare il “Green Deal for Europe”, un piano ambizioso ma al tempo stesso pragmatico per arrivare a emissioni zero di gas a effetto serra, perché “i giovani hanno il diritto di vivere felici, di avere un futuro come noi lo abbiamo avuto”. Sono gli “auguri” che il card. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo, rivolge ai nuovi parlamentari europei eletti e alla nuova Commissione europea, che si sta formando sotto la guida di Ursula von der Leyen . Il cardinale, presidente della Comece, la Commissione che riunisce a Bruxelles le Conferenze episcopali dell’Ue, accetta di parlare al Sir al termine dell’Assemblea dei vescovi Ue: l’incontro è stato dedicato alle sfide post elezioni e alle priorità della nuova Commissione europea. I vescovi hanno dedicato un’intera giornata al confronto sui temi della sostenibilità, del clima e degli stili di vita alla luce della ecologia integrale della Laudato si’ e in sintonia con Papa Francesco impegnato proprio in questi giorni nel Sinodo per l’Amazzonia. Hanno preso la parola rappresentanti di Caritas Europa, Cisde, Movimento cattolico mondiale per il clima e Federazione delle associazioni delle famiglie cattoliche (Fafce).
Eminenza, quali auspici per il nuovo Parlamento e la nuova Commissione europei?
Vorrei che questa nuova Europa che nasce si occupasse veramente dei problemi che i cittadini europei incontrano nella loro vita quotidiana. Dunque, una politica per la vita della gente, dei più deboli, dei più poveri. C’è in Europa una paura per le élite. Non ho nulla in contrario contro le élite perché una società ha bisogno anche di loro. Ma le élite devono essere al 100 per cento al servizio: per esserlo, bisogna conoscere quello che pensa la gente, quello che sperimenta ogni giorno. Bisogna conoscere la vita, non bisogna essere distaccati. Il problema non sono le élite ma la loro distanza dalla vita del popolo. Dunque, auspico una politica che agisca sempre nel rispetto della dignità di ogni persona umana, che non sia centrata sugli interessi dei pochi ricchi.
Cosa la preoccupa di più?
Ho detto più volte che ciò che mi preoccupa di più sono i populismi. Non mi riferisco all’Ungheria o alla Polonia. Mi preoccupano di più i partiti che anche nei nostri Paesi si basano su idee fasciste o naziste.
Non bisogna mai smettere di dire che queste idee hanno già condotto l’Europa alla catastrofe. Non capisco come la gente possa votare di nuovo questi partiti.
Cosa le dà speranza?
Prima c’era una separazione in Europa tra i Paesi dell’Est e Paesi dell’Ovest. Ursula von der Leyen è stata eletta anche con i voti dell’Est. Dunque, credo che questo sia un fattore positivo perché permette di vedere di nuovo l’Europa come un’entità intera. Dà speranza anche questo nuovo “Green Deal for Europe”. Si tratta certamente di un progetto molto ambizioso ma necessario per mantenere la vita sul nostro pianeta. E quando parlo di vita, parlo dei giovani che hanno il diritto di vivere felici, di avere un futuro come noi lo abbiamo avuto. Il cambiamento del clima rappresenta una grande sfida che sta ricadendo soprattutto sulle spalle dei più poveri, dei più deboli.
Perché l’Europa dovrebbe impegnarsi?
Perché noi soprattutto qui in Europa abbiamo uno stile di vita che il nostro pianeta non può più sostenere.
Faccio l’esempio del mio Paese. Se tutti avessero lo stesso livello di vita dei lussemburghesi, non basterebbero le risorse di quattro o addirittura cinque pianeti. Ma di pianeta ne abbiamo uno solo e tutti hanno il diritto di vivere su questa terra. Dunque, dobbiamo cambiare lo stile di vita.
Quanto è grave la situazione?
Ce ne accorgiamo intanto dal numero crescente dei migranti climatici. E siamo soltanto all’inizio. Le trasformazioni saranno molto più grandi di quelle che noi oggi possiamo immaginare.Noi vediamo soltanto i singoli effetti del cambiamento climatico. È veramente arrivato il tempo di cambiare lo stile di vita. Dovremmo trovare anche regole etiche per uno sviluppo sostenibile. La globalizzazione – che di per sé è un fenomeno positivo – porta in sé aspetti di un capitalismo selvaggio che vanno assolutamente rivisti.
Cosa possono fare le Chiese?
Il Papa parla di conversione. Personalmente proporrò alla mia diocesi di introdurre il venerdì come giorno di digiuno per tutto l’anno. Insomma, dobbiamo mostrare alla gente che questa conversione è necessaria e possibile. Ci troviamo immersi in una cultura che condurrà alla morte. La conversione ecologica che ci è richiesta è una conversione alla vita.