Intervista

Chiese di Francia, assalti e profanazioni. Schlegel (Esprit): “Una ferita, ma non è cattofobia”

Il direttore della rivista “Esprit” commenta per il Sir gli innumerevoli fatti di cronaca ai danni di chiese cattoliche e altri luoghi sacri in Francia. A suo avviso le profanazioni “sono dovute principalmente a individui o bande che cercano nelle chiese – scarsamente custodite – oggetti di valore: calici, cibori, statue, dipinti, che possono rivendere a commercianti di antiquariato o collezionisti per fare un po’ di soldi”. Ma non sottovaluta un fenomeno preoccupante e insistente. “Le chiese, nonostante la secolarizzazione, rimangono importanti luoghi simbolici” per il Paese. Domani messa di riparazione nella chiesa di Saint-Etienne de Tonnay-Charente: l’ultima, in ordine di tempo, ad essere presa di mira

È prevista per domani, giovedì 14 novembre, una messa di riparazione, nella chiesa di Saint-Etienne de Tonnay-Charente: è l’ultima, in ordine di tempo, ad essere stata profanata in Francia, la sera di sabato 9 novembre. Il tabernacolo infranto, le ostie sparse a terra e la lunula contenente l’ostia per l’adorazione rubata, la croce di Cristo capovolta: questo hanno fatto ignoti, secondo quanto riferito dal sito della diocesi di La Rochelle. Un’aggressione che esprime “odio contro Cristo e la sua Chiesa, manifestazione di violenza, codardia e stupidità”, ha denunciato in un comunicato il vescovo Georges Colomb, parlando di “ferita dolorosa” e “umiliazione per tutti i cattolici della diocesi”. Pochi giorni prima, nella notte tra il 3 e il 4 novembre, era stata la cattedrale di Oloron-Sainte-Marie, patrimonio Unesco, a essere oggetto di un “furto sacrilego” ai danni del tesoro della cattedrale. Ma l’elenco dei casi in Francia è incredibilmente lungo: secondo dati del ministero dell’Interno, nel 2018 erano stati registrati 1.063 “atti anticristiani”, 1.038 nel 2017. A marzo era stata persino deposta all’Assemblea nazionale la richiesta di creazione di una commissione d’inchiesta sulla politica di prevenzione e di lotta contro le profanazioni nei luoghi di culto e nei cimiteri in Francia, ma finora senza esito.
Jean-Louis Schlegel, filosofo e sociologo delle religioni, che oggi dirige la rivista “Esprit” (fondata da Emmanuel Mounier), intervistato oggi dal Sir, spiega che non è necessariamente una questione di persecuzione anticristiana. Però i cattolici francesi sono feriti da questi atti, legati con il filo rosso dell’intolleranza agli atti ben più sanguinosi che esattamente quattro anni – il 13 novembre 2015 – fa colpirono al cuore la Francia, uccidendo in una notte 132 persone. A ferirli è anche il silenzio mediatico nel quale avvengono questi gesti, come ha segnalato il vescovo di Montauban, Bernard Ginoux, in un commento dopo il più recente di questi atti.

Come interpreta gli episodi di questi giorni?
Non credo sia un segnale principalmente”religioso”. Ci sono molti atei e anticlericali in Francia, ma non verrebbe loro in mente di profanare delle chiese, rompere tabernacoli, spargere ostie, infrangere statue. Nel caso fosse vendetta (contro un prete che ha maltrattato qualcuno), sarebbe opera di un individuo forse mentalmente disturbato. No, le “profanazioni” sono dovute principalmente a individui o bande che cercano nelle chiese (scarsamente custodite e mal chiuse) oggetti di valore: calici, cibori, statue e statuette, dipinti, che possono rivendere ai commercianti di antiquariato, possibilmente collezionisti, per fare un po’ di soldi. Possono anche essere tossicodipendenti che hanno bisogno di soldi per acquistare la loro dose di cannabis o altro. In questo caso, mascherano il loro crimine trasformando le vere motivazioni (il furto), in profanazione. Secondo me, i cattolici che gridano immediatamente alla profanazione si sbagliano.

Perché ci sono così tanti atti di questo genere in Francia?
Ci sono state circa un migliaio di profanazioni di luoghi religiosi negli ultimi anni, tra cui la stragrande maggioranza nelle chiese e in parte nei cimiteri (croci e stele abbattute, imbrattate o coperte di insulti…). Per le chiese, dobbiamo comunque osservare che la maggior parte delle profanazioni non sono all’interno, ma spesso all’esterno, sui muri e sulle porte: graffiti e vari degradi, iscrizioni sataniche, il numero 666, il simbolo del movimento anarchico, svastiche, simboli nazionalisti o neonazisti, iscrizioni islamiste, come “Allah Akbar”: in quest’ultimo caso, è molto possibile che sia stato un antimusulmano ad averlo scritto. Perché le chiese? Forse perché, nonostante la fortissima secolarizzazione e una Chiesa cattolica molto meno visibile, rimangono importanti luoghi simbolici. Se si disegna una svastica su un muro o una casa lungo la strada, è sporco, ma non ha alcuna importanza se non per la rabbia del proprietario. Ricordo che sinagoghe e moschee, così come cimiteri ebraici e musulmani, sono nella stessa situazione e lì si tratta di atti antisemiti o razzisti. Esiste anche una “cattofobia”, ma si esprime soprattutto nei media, alla televisione, nei libri.

Come rispondere a questi atti? Quale ruolo per le misure di sicurezza?
È noto da tempo che le chiese, spesso chiuse e incustodite, dovrebbero essere meglio protette. Ma un’installazione video è costosa, per luoghi che tutto sommato sono poco usati, soprattutto nelle aree rurali e nei villaggi svuotati dei loro abitanti,e dei loro praticanti, con sacerdoti che devono badare a 20, 30, 40 campanili. Molte chiese di fatto sono sempre chiuse. Ma quelle costruite prima del 1906 sono di proprietà comunale: sarebbe utile che i sindaci le controllassero, specialmente quando c’è ancora qualcosa da rubare all’interno.