Cinema
Il primo film da regista mette a tema il problema dell’immigrazione, il dramma del flussi dall’Africa all’Italia, all’Europa tutta, attraverso l’inconfondibile stile Zalone che unisce favola sociale a ironia pungente, urticante. Ma per nulla privo di profondità
Sulle orme di Alberto Sordi e Dino Risi. Questi sono i riferimenti cinematografici di Luca Medici in arte Checco Zalone, che con ogni suo film – “Cado dalle nubi” (2009), “Che bella giornata” (2011), “Sole a catinelle” (2013) e “Quo vado?” (2016) – ha raccontato in un decennio la società italiana in chiave ironica, persino grottesca, attraverso aspirazioni, piccolezze, manie o paure inconfessabili. Nei suoi film, infatti, vengono rimarcati i pregiudizi ancora granitici tra Nord e Sud, la precarietà cronica del mondo del lavoro e il difficile dialogo con l’altro. Tutti film record di incasso con cifre da capogiro; basta citare solamente “Quo vado?” che in neanche una manciata di mesi ha ottenuto oltre 65milioni di euro al box office, il primato per un film italiano.
Tutti questi temi tornano ora puntualmente anche nel suo ultimo film “Tolo Tolo”, il primo da regista (gli altri erano tutti a firma di Gennaro Nunziante), oltre che da interprete, sceneggiatore e autore delle musiche.
“Tolo Tolo” mette a tema il problema dell’immigrazione, il dramma del flussi dall’Africa all’Italia, all’Europa tutta, attraverso l’inconfondibile stile Zalone che unisce favola sociale a ironia pungente, urticante. Ma per nulla privo di profondità. Il Sir e la Commissione nazionale valutazione film della Cei hanno visto in anteprima il film, nelle sale italiane dal 1° gennaio 2020 in oltre mille copie.
Il viaggio della speranza di Zalone. Tutto è nato da un’idea di Paolo Virzì. Il regista-sceneggiatore livornese, esponente di punta della commedia italiana degli ultimi vent’anni, ha iniziato a lavorare con il golden boy del box office italiano, appunto Zalone, per offrire un racconto semiserio del nostro oggi, segnato da crisi umanitarie continue, precarietà diffusa, politica in perenne stato di fibrillazione e crescenti paure, in primis verso il povero e il migrante. “Tolo Tolo” è questo e forse molto di più.
La storia in breve: Pier Francesco Zalone, detto Checco, è costretto a scappare dalla sua amata-odiata Puglia perché pieno di debiti e rincorso da fisco, creditori e familiari. Trova così una seconda vita come cameriere in un resort di lusso in Kenya; tutto sembra girare per il verso giusto, quando sommosse e minacce terroristiche arrivano pure lì. Checco allora si mette in marcia con altri africani, tra cui l’amico Oumar, la bella Idjaba e il piccolo Doudou, verso le coste che affacciano sul Mediterraneo, per il “grande salto”, diretti verso il continente europeo. Un viaggio della speranza condito di imprevisti e difficoltà, addizionati in chiave comica.
Il punto Sir-Cnvf. Checco Zalone più che mai. Non si smentisce affatto il comico italiano, ormai laureato come vero e proprio autore del cinema contemporaneo. Con la sua comicità esilarante ci pone dinanzi a uno specchio deformante e nitido insieme.
Zalone ci mette a nudo, come italiani, cogliendo ovviamente tutti i nostri tratti più fragili, problematici e contraddittori:
vogliamo aiutare il prossimo, ma a distanza, senza che questo sia troppo prossimo; vogliamo le regole, ma cerchiamo il modo di aggirarle oppure eluderle del tutto (tasse in testa); guardiamo alla politica non come un impegno per il bene comune, ma come mero ascensore sociale per riscattare i nostri insuccessi personali.
In “Tolo Tolo” c’è un racconto scorrettissimo e assolutamente vero del nostro oggi, del nostro essere incapaci di governare il presente e i suoi tanti problemi, in primis quelli migratori. Zalone picchia duro, ma con ironia brillante e furba, con immancabili raccordi sopra le righe, a partire dalle canzoni originali.
La maschera Zalone funziona, funziona benissimo.
Si capisce la sua ammirazione per il cinema di Sordi, perché cerca di andare in quella direzione, di cogliere quelle stesse sfumature comiche, sbilanciandosi però più verso i toni del grottesco che del dramma. Il Zalone regista, poi, che si firma con il suo vero nome Luca Medici, è bravo e capace, segno che il sodalizio precedente con Nunziante è stato assai fruttuoso; regge infatti bene la complessa macchina cinema – ad alto investimento e con cast internazionale – in maniera solida, rispettando il binario su cui ha sempre viaggiato. La narrazione possiede inoltre ritmo e durata giusta, grazie all’esperienza collaudata di Zalone e all’intelligenza umoristica raffinata di Virzì.
“Tolo Tolo”, come ha ribadito il produttore Pietro Valsecchi, non vuole essere politico (anche se le suggestioni ci sono…), ma semplicemente “una favola sociale dentro una grande realtà”. Se si è in grado di guardare tutto ciò le lenti dell’ironia e dell’intelligenza, anche nei passaggi più problematici o provocatori, allora il film riesce sì a regalare sorrisi e non poche occasioni per riflettere. Dal punto di vista pastorale, è consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.