I funerali

“Oltre il tunnel del dolore… la solidarietà”

Con il lutto nazionale, l’Italia mostra il suo rispetto nei confronti delle vittime dell’incidente in autostrada. Il vescovo di Pozzuoli, Gennaro Pascarella: “Istituzioni civili e religiose, non lasciamo soli questi nostri fratelli, soprattutto quelli che si sono ritrovati senza più sostegni anche economici!”

Oggi in Italia è lutto nazionale. Si piangono le 38 vittime dell’incidente di domenica sera sull’autostrada A16, a Monteforte Irpino. La maggioranza delle persone decedute proveniva dalla diocesi di Pozzuoli. Perciò, stamattina, sono stati celebrati i funerali nel Palazzetto dello Sport di Monterusciello, presieduti dal vescovo di Pozzuoli, monsignor Gennaro Pascarella, molto commosso. Trentasette le bare presenti, perché il corpo dell’autista del bus è ancora a disposizione delle autorità giudiziarie. Diecimila persone hanno gremito il Palazzetto. Anche il Papa ha voluto far sentire la sua vicinanza, esprimendo “profonda partecipazione e dolore” per il “drammatico incidente”. In un telegramma a firma del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, il Pontefice assicura le sue preghiere per le vittime “affinché Dio Padre conceda loro il riposo eterno”, invoca “una pronta guarigione per i feriti” e invia come “conforto per coloro che piangono la perdita dei propri cari una speciale benedizione apostolica”. Tra le autorità presenti ai funerali, il presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta.

Oltre il tunnel della morte. “Di fronte a una tragedia, in cui sono state troncate tante vite umane, forte è lo sconcerto, è difficile parlare. Ogni parola detta può suonare banale, fuori posto o solo formale. Verrebbe solo di tacere o gridare il proprio dolore”, ha detto nell’omelia monsignor Gennaro Pascarella. “Gesù sulla croce – ha evidenziato – ha fatto suoi anche tutti i ‘perché’, tutti i gridi che nel corso della storia si elevano al Cielo da uomini e donne che in vario modo soffrono”. Nel suo “perché (Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?) ci sono anche i nostri perché, in particolare quelli delle persone che hanno perso i loro cari. Gesù ha fatto suo il grido di ognuno di loro”. Ma la storia di Gesù non si conclude con la morte. “La speranza cristiana – ha sottolineato il presule – ha un volto e un nome: Gesù Cristo crocifisso e risorto. Vogliamo fidarci delle sue parole, che parlano di vita eterna”. Certo, “questa speranza non toglie il dolore, le domande, apre orizzonti: oltre il tunnel oscuro della morte c’è ancora il sole, la vita continua, anche se in una dimensione diversa”.

Solidali anche quando i riflettori saranno spenti. “Siamo qui questa mattina – ha ricordato il vescovo – per condividere la sofferenza di tanti nostri fratelli e sorelle che improvvisamente si sono ritrovati senza padre o senza madre, senza marito o senza moglie, senza un figlio o una figlia, senza un fratello o una sorella”. La morte è “come un taglio sul crudo della propria carne, provoca un dolore indicibile. Vogliamo aiutarli a portare questa dura croce con la nostra solidarietà. Vogliamo essere solidali non solo ora, ma continuare a esserlo anche quando i riflettori si spengono su questa tragedia devastante. Istituzioni civili e religiose, non lasciamo soli questi nostri fratelli, soprattutto quelli che si sono ritrovati senza più sostegni anche economici!”. Ai magistrati, ha evidenziato monsignor Pascarella, “spetterà fare chiarezza sulla dinamica dell’incidente per trovarne le cause, ad altri mettere in atto strumenti che non permettano, per quanto è umanamente possibile, che si verifichino altri incidenti, a tutti noi spetta essere solidali. La prima solidarietà è il rispetto delle regole!”.
La forza della preghiera. Il vescovo ha rivolto, quindi, un invito a pregare. Innanzitutto “per tutti coloro che sono morti tragicamente” e “per tutti i feriti, soprattutto per quelli che stanno lottando tra la vita e la morte. Poi “per tutti i parenti e amici dei nostri fratelli e sorelle, a cui questa mattina stiamo dando l’ultimo saluto”. Infine “per tutte le persone del nostro territorio. Quest’ora oscura non ci deprima; ma ci spinga tutti a sentirci più responsabili della nostra città, dei nostri quartieri, delle nostre comunità ecclesiali. È nella comunione vissuta che il dolore non ci chiude, ma può diventare trampolino di lancio per realizzare una convivenza più bella e solidale”.

a cura di Gigliola Alfaro