Povertà

Napoli soffre. “La pizza a otto” è un segnale di grande disagio

Una storica pizzeria in via dei Tribunali, nel centro storico, ha deciso di rispolverare l’antica tradizione in voga fino agli anni Cinquanta-Sessanta: consentire di prendere la pizza e pagarla dopo otto giorni. Mario Di Costanzo: povertà nascoste. Maria Pia Condurro: attenti al folclore

“Mangiate oggi e pagate dopo otto giorni. Venite, venite”: i meno giovani ricorderanno Sofia Loren nei panni della bella pizzaiola, nel film “L’oro di Napoli”, che grida ai clienti di prendere una pizza subito e pagare con calma dopo una settimana. Immagini in bianco e nero che sembrano venire da un’altra epoca e che invece oggi tornano a essere d’attualità, come dimostra l’iniziativa di Gino Sorbillo, che ha una storica pizzeria a via dei Tribunali, nel centro storico di Napoli, e che ha deciso di “rispolverare l’antica tradizione in voga fino agli anni Cinquanta-Sessanta: consentire alle persone di pagare la pizza dopo un numero indicativo di otto giorni”.

Per chi è in difficoltà. “L’idea – spiega al Sir – è nata dopo due episodi che mi hanno molto colpito: due rapine a mano armata, una in periferia e una nel centro antico di Napoli, per rubare 3 o quattro pizze da asporto a due clienti appena usciti da altrettante pizzerie. Ho pensato che si è rubato per necessità, per sfamare la propria famiglia”. Un’iniziativa, che già negli anni difficili della guerra e del dopoguerra, il nonno, il padre e gli zii di Sorbillo mettevano in pratica. “In un periodo difficile di sconforto, insicurezza e diffidenza verso gli altri – chiarisce Sorbillo – la ‘pizza a otto’ vuol essere un gesto di fiducia e di attenzione verso i clienti che poi onoreranno il debito”. A chi si rivolge l’iniziativa? “Ai residenti del quartiere conosciuti – risponde il pizzaiolo -. Siamo in questo rione da quattro generazioni e conosciamo tutti. L’iniziativa solidale, però, riguarda solo le pizze da portare a casa; è, quindi, rivolta a ogni singola persona, che può andar via con una sola pizza. Non possono venire dieci persone a mangiare la pizza nel nostro locale e poi pagare dopo otto giorni”. Le due pizze da asporto che si possono avere “a rate” sono la margherita e la marinara. È oltre un mese e mezzo che Gino ha lanciato questa iniziativa: “In questo periodo sono venute una quarantina di persone – racconta -, ma non tutti hanno ripagato la pizza. Una decina non sono ancora tornati a onorare il loro debito. A chi non viene a pagare, non faccio nuovamente credito”. Eppure, la pizza margherita da Sorbillo costa solo tre euro.

Specchio della miseria. Per Mario Di Costanzo, responsabile dei percorsi socio-politici della diocesi di Napoli. “l’iniziativa dimostra che qui esistono delle povertà nascoste che difficilmente emergono. Dunque, anche un’iniziativa come la pizza a otto, per quanto possa apparire paradossale oggi, è espressione del fortissimo disagio che la città sta attraversando”. Purtroppo, aggiunge, “non mi fa meraviglia, perché con la crisi e i licenziamenti ci sono intere famiglie che si sono trovate sul lastrico e in queste condizioni si cercano tutte le soluzioni possibili, anche pagare la pizza dopo otto giorni”. La crisi, infatti, “ha penalizzato moltissimo Napoli, che già era una città alle prese con gravi problemi. Qui le famiglie non disponevano di risparmi da poter utilizzare in periodi difficili, com’è stato invece al Nord. Ribadisco: l’iniziativa di Sorbillo probabilmente è la spia di un fenomeno oscuro che esiste in questa città”.

Attenti al folclore. Più scettica Maria Pia Condurro, con il marito direttore dell’Ufficio delle aggregazioni laicali della diocesi di Napoli, dopo molti anni impegnati nella pastorale familiare. “Quella della pizza a otto – afferma – è un’abitudine antica rispolverata, come l’altra usanza del caffè pagato, pure tornata in voga”. “La pizza a Napoli costa pochi euro; in alcuni casi, proprio nel centro storico, la pizza da asporto, sia normale sia fritta, persino solo un euro. Stiamo attenti quindi – avverte Condurro – a certi episodi che sanno di folclore”. Certo, ammette, “la miseria c’è a Napoli, proprio per questo si mangia la pizza più facilmente. La pizza è un alimento sano e buono e il meno costoso”. Non è un caso, perciò, che “le pizzerie, proprio in questo periodo di crisi, hanno aumentato la clientela”.

a cura di Gigliola Alfaro