Ambiente
Dopo aver inquinato il territorio del Sud, in particolare quello campano, ora vorrebbero partecipare alle bonifiche, infiltrandosi negli appalti pubblici. Rimarcata da tutti la necessità di introdurre i reati ambientali nel codice penale. Resta attuale la proposta di utilizzare i proventi derivanti dai beni sequestrati ai clan per bonificare e ridare vita ai territori avvelenati
Sono state le “ecomafie” a tener banco, stamattina, alla seconda giornata del X Forum internazionale dell’informazione per la salvaguardia della natura, promosso a Napoli fino al 9 novembre da Greenaccord. A confrontarsi su un tema che in Campania veramente scotta per la presenza di un’area, la cosiddetta “Terra dei fuochi” (tra Napoli e Caserta), devastata dagli interramenti di rifiuti tossici e per i roghi di rifiuti, uomini di Chiesa, delle istituzioni, ambientalisti e scienziati. Un tema di grande attualità anche per le esternazioni del pentito Carmine Schiavone e per i recenti ritrovamenti di rifiuti tossici interrati in varie aree della “Terra dei fuochi”.
Basta connivenze. Il primo a prendere la parola è stato Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera. “Nella battaglia contro le ecomafie le istituzioni non devono avere ombre. Basta a connivenze”, ha detto Realacci, sottolineando che “sono necessarie sia la ricostituzione della Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti sia l’introduzione dei reati ambientali nel nostro codice penale”. Sul fronte bonifiche, Realacci ha evidenziato che “occorre innanzitutto individuare con sicurezza i luoghi inquinati. Quando Schiavone dice che sono tutte inquinate le Regioni Campania e Molise non aiuta di certo, perché non chiarisce quali sono i siti da bonificare e in più getta un’ombra sulle produzioni di qualità di queste Regioni. Così si fa un favore solo alla criminalità, perché alla fine resiste solo l’economia mafiosa e non quella pulita”. Il presidente della Commissione Ambiente della Camera, dopo aver auspicato la possibilità “di usare i proventi derivanti dai beni sequestrati ai clan per bonificare e ridare vita ai territori avvelenati dalle ecomafie”, ha anche ricordato “il ruolo fondamentale di controllo dei cittadini sulla questione rifiuti e che in Campania sono 124 i Comuni che hanno superato il 50% della raccolta differenziata e 67 quelli che hanno raggiunto o superato la soglia di differenziata del 65%”. Purtroppo, però, “questi Comuni sono danneggiati dal fatto che in Campania non ci sono siti di compostaggio”.
Un grave peccato. Il vescovo di Aversa, monsignor Angelo Spinillo, ha ripreso le parole di Papa Francesco per invitare a “non farci dominare dalla cultura dello scarto”. Ma non solo: “Da moltissimo tempo la Chiesa condanna la camorra, ma è soprattutto negli ultimi anni – ha ammesso – che siamo diventati più attenti agli affari della malavita sui rifiuti perché hanno pesanti ricadute sulla salute della gente”. In sintonia con le parole del cardinal Crescenzio Sepe, che ieri al Forum di Greenaccord, aveva detto che “chi inquina compie un grave peccato e non può fare la comunione”, monsignor Spinillo ha precisato: “Oggi tutti devono essere consapevoli che è peccato guadagnare attraverso i traffici illeciti di rifiuti”.
Fenomeno transnazionale. “Parlare ancora di ecomafia è riduttivo – ha denunciato Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia – perché c’è una criminalità ambientale che si coniuga con la mafia ma non è sempre composta da mafiosi”. Anche se oggi esistono più armi per combattere queste attività criminali, Roberti ha posto l’accento sulla “necessità di prevedere i reati di avvelenamento ambientale e di disastro ambientale”. Il procuratore nazionale antimafia ha, poi, spiegato che ormai “il traffico illecito dei rifiuti è un fenomeno transnazionale e coinvolge paesi come la Cina e la Romania. In Italia, la camorra napoletana dopo aver smaltito al Sud per 20 anni i rifiuti prodotti al Nord, inquinando parte di questo territorio, ora va a smaltire i rifiuti campani altrove, ad esempio in Toscana”. Un altro rischio da cui Roberti ha messo in guardia è che “le mafie stanno cercando di mettere le mani sulle fonti energetiche alternative sporcando anche la green economy con il controllo degli affari dei parchi eolici e delle biomasse”. Per quanto riguarda le bonifiche, anche il procuratore ha posto l’accento sulla necessità di sapere dove farle “per fare investimenti mirati ed evitare infiltrazioni negli appalti per le bonifiche”.
Aumento dei tumori. Su questo rischio è tornato Antonio Pergolizzi di Legambiente, che ha invitato a “vigilare sulle bonifiche per evitare che siano un nuovo modo per arricchire le mafie. Non è una novità, infatti, che i clan, che riescono ad accaparrarsi i lavori pubblici, utilizzano i cantieri per smaltire rifiuti pericolosi che mescolano alla terra”. Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute di Philadelphia, ha snocciolato dati inquietanti sugli effetti dei rifiuti tossici in Campania, come “l’aumento esponenziale di patologie rare e di cancri aggressivi come quelli del fegato o come i quarantamila casi in più di tumori alla mammella in donne al di sotto dei 40 anni e in particolare nella fascia di età tra i 25 e i 30 anni”. “Donne – ha sottolineato lo scienziato – che normalmente non si sottopongono a controlli periodici, che si fanno dopo i 45 anni”. “Oggi – ha aggiunto – si parla tanto di Schiavone, ma questo distoglie l’attenzione dai veri colpevoli: chi sapeva e non ha fatto nulla negli ultimi quarant’anni. Adesso è necessario investire in un programma di prevenzione per un’area così inquinata come quella campana, ma, purtroppo, su questo fronte nessuno spende una parola”. a cura di Gigliola Alfaro