''DENTRO'' L'ASSEMBLEA
Le voci, i volti, gli argomenti e il “clima” della plenaria Ccee 2015. Le sedute a porte chiuse, gli incontri con le famiglie, le messe nei luoghi santi
I volti e le parole-chiave; lo “spessore” dei temi posti in agenda e il piacere di ritrovarsi, almeno una volta all’anno, per mettere in comune le preoccupazioni e le gioie delle proprie Chiese nazionali. L’assemblea annuale del Ccee è anche questo: sorrisi, condivisione, preghiera, incontri (con famiglie, scolaresche, personaggi politici, intellettuali, giornalisti, gente comune…). E ascolto reciproco. L’assise dei vescovi europei del 2015 – dall’11 al 16 settembre – ha avuto diverse tappe in Terra Santa: Korazim, Cafarnao, il villaggio di Mi’ilya, Nazaret, Magdala, Betlemme e Gerusalemme. Migrazioni, famiglia, pace, povertà nel mondo, nuovi orizzonti culturali, sfide etiche, frontiere dell’evangelizzazione, ambiente: questi alcuni degli argomenti posti in discussione nei sei fitti giorni della plenaria, durante i quali i prelati si sono raccolti in preghiera nel villaggio di Pietro, nella casa di Maria e dell’annunciazione, sul luogo della natività di Gesù, e infine al Santo Sepolcro.
Alla sorgente della fede. Nel “Messaggio” finale i vescovi hanno riassunto i principali esiti dei loro lavori (si veda l’editoriale di questo dossier di Sir Europa sull’assemblea Ccee). Tante le autorevoli voci risuonate nei giorni del “pellegrinaggio”, fra cui quella del presidente Ccee, il cardinale Péter Erdő (Ungheria); quelle dei vice presidenti, il cardinale Angelo Bagnasco (Italia) e mons. Angelo Massafra (Albania). E poi il card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, il Patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, mons. Giuseppe Lazzarotto, nunzio apostolico in Israele e delegato per la Palestina, padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa. È stato lo stesso card. Péter Erdő, a chiarire sin dall’inizio le motivazioni di questa assemblea “in trasferta”. “Siamo qui – ha detto – per riscoprire la sorgente della nostra identità come popolo di Dio e della nostra missione come successori degli apostoli, inviati a testimoniare l’incontro con il volto della misericordia del Padre che è Gesù stesso”. E poco oltre: “Ci incontriamo in pellegrinaggio per riaffermare il nostro sì al Signore Gesù come vescovi europei”.
Il contesto storico. Il card. Marc Ouellet ha indicato la possibilità, per i vescovi presenti (in rappresentanza di una quarantina di nazioni), di “condividere insieme le gioie e le sofferenze della Chiesa presente nei nostri Paesi europei”. Un impegno da vivere però “nel contesto preciso di questa Chiesa” di Terra Santa, “tanto martoriata quanto eroica”. Dunque “un salutare esercizio di comunione che accrescerà la nostra sollecitudine universale e ci permetterà di affrontare le sfide odierne con l’unica forza che ci appartiene: quella dell’unità”. Ouellet ha peraltro tratteggiato il contesto storico nel quale si collocava l’assemblea Ccee, parlando di “un momento molto difficile e delicato”. “Di giorno in giorno, aumentano i flussi migratori dai Paesi del Mediterraneo meridionale e orientale (in particolare da Africa e Medio Oriente) verso i Paesi dell’Unione europea. Fame, guerre, povertà, assenza di diritti, persecuzione religiosa sono le cause che spingono molti a migrare in condizioni disumane”. Senza trascurare la crisi economica e occupazionale in Europa e – soprattutto nel Vecchio continente – l’avanzare del processo di secolarizzazione, che colloca la missione evangelizzatrice e la vita pastorale in scenari assai mutevoli e contrastati.
Un ventaglio di argomenti. Nelle sedute “a porte chiuse” della plenaria sono stati dunque evocati con insistenza il tema dell’accoglienza dei migranti e rifugiati e quello della famiglia, “non solo dal punto di vista politico-ideologico, ma anche da quello finanziario di fronte alla crisi economica che tarda a mostrare segni di ripresa nel bilancio delle famiglie europee”. I presuli hanno quindi toccato – come conferma l’ufficio stampa del Ccee – “il nodo della bioetica” (suicidio assistito, diagnosi pre-impianto), “denunciando una deriva legislativa e un dibattito mediatico a volte troppo acceso che spesso riduce l’annuncio evangelico della Chiesa a una mera posizione morale”. Dal punto di vista culturale, i vescovi hanno segnalato “l’onda del pensiero unico” che sta invadendo diversi settori della vita pubblica, segnalando una “interpretazione rigida della teoria del gender”. Gli incontri finali con i presidenti di Israele (Rivlin) e dell’Autorità Palestinese (Abbas) hanno consentito di ribadire il valore della pace, del mutuo ascolto e del rispetto, della libertà religiosa, elementi fondamentali – per le Chiese come per le istituzioni politiche – per provare ad assicurare il benessere dei popoli, a qualunque latitudine, ci si trovi in Europa, in Medio Oriente o in qualunque altra regione del pianeta.