Buone pratiche
Il Centro educativo Regina Pacis, voluto dal vescovo di Pozzuoli, monsignor Gennaro Pascarella, è una risposta all’emergenza educativa. Il direttore, don Gennaro Pagano: “Due finalità: formazione psicopedagogica di educatori, catechisti e insegnanti; promozione di opere di carità educativa”. Al fianco dei bambini in condizione di particolare disagio sociale, sei educatori e volontari del servizio civile
Quarto, aperta campagna. Sul Tom Tom l’indicazione “via Plinio il Vecchio 14A” ti conduce per stradine dissestate. “Avrò sbagliato strada?”: è la domanda che sorge spontanea, anche se lungo la via ci sono tante indicazioni con su scritto “Centro educativo diocesano Regina Pacis”, che fanno ben sperare. La risposta arriva poco dopo: per primo appare un cantiere in costruzione della nuova parrocchia di Maria Regina della Pace; accanto vedi una tensostruttura bianca, giardini e gli edifici che costituiscono il vero e proprio Centro educativo Regina Pacis, voluto dal vescovo di Pozzuoli, monsignor Gennaro Pascarella, in risposta all’emergenza educativa e in sintonia con gli Orientamenti pastorali della Cei per il decennio 2010-2020. Il Centro è stato inaugurato a ottobre scorso, grazie al sostegno dell’otto per mille e alla donazione da parte dell’associazione “Fratelli e Sorelle di Tutti” di un ampio spazio di terra e di alcuni edifici a Quarto, dove negli anni ’70 sorse la Comunità Regina della Pace, ad opera di padre Pippo Russo.
Risposta della Chiesa. “Il Centro educativo – spiega il direttore, don Gennaro Pagano -, opera segno per rispondere all’emergenza educativa del territorio, ha due finalità: la formazione psicopedagogica di educatori, catechisti e insegnanti e la promozione di opere di carità educativa”. Va in questo senso “Casa Papa Francesco”, che accoglie giovani in situazioni di disagio o provenienti dall’esperienza carceraria. Attualmente sono accolti quattro ragazzi, di cui uno è un immigrato giunto da Lampedusa. Il Centro ospita anche un’iniziativa, sostenuta da dieci anni dalla Caritas puteolana: il Progetto Integra, un’offerta formativa extra-scolastica per una cinquantina di bambini ogni anno. Per invogliare la partecipazione, la diocesi mette a disposizione dei pulmini che portano i bambini al Centro. “In dieci anni – afferma Fausta Sabatano, pedagogista, vice direttore del Centro educativo e responsabile scientifico del Progetto Integra – abbiamo seguito circa 600 bambini, di età compresa tra i 6 e i 17 anni”. L’iniziativa si rivolge a bambini che provengono da famiglie molto disagiate. “Negli ultimi anni – sottolinea Sabatano – la Regione Campania ha dedicato ai servizi sociali lo zero per cento dei suoi bilanci. Solo dalla Chiesa viene una risposta fondamentale alle esigenze di questo territorio”, afflitto, tra l’altro, dalla presenza della camorra. Il Progetto Integra “è stato sostenuto dall’otto per mille e dalla lungimiranza di monsignor Pascarella”.
Il “metodo” di Integra. Al fianco dei bambini ci sono persone con competenza educativa specifica. All’iniziativa lavorano sei educatori e volontari del servizio civile. Il Progetto Integra si basa su un “metodo” costituito da quattro elementi: il pensarsi insieme, cioè il valorizzare il rapporto con i genitori e il contesto di provenienza; il pensare insieme: gli educatori, oltre ad essere seguiti da Sabatano nella veste di pedagogista, hanno un supervisore psicoterapeuta; l’adottare un dispositivo di regole nel contesto educativo, che i bambini devono rispettare; il rapportarsi con il territorio: innanzitutto con i genitori, che ogni mese partecipano a un corso di formazione pedagogica, con i servizi sociali e con le scuole. “Il nostro impegno – dichiara don Pagano – è proprio di aiutare la scuola a non delegare ad altri la sua primaria vocazione educativa”. Educare al bello. I bambini frequentano il Centro dal lunedì al venerdì: dalle 15,30 alle 16 c’è l’accoglienza, segue un sostegno all’apprendimento dalle 16 alle 17,30; arriva, quindi, il momento della merenda e, subito dopo, dei laboratori. I ragazzi sono suddivisi in tre gruppi per fasce d’età. “Noi – spiega Sabatano – non facciamo il classico doposcuola: puntiamo sul metodo di studio, non sul fare effettivamente i compiti. Lavoriamo sulla persona e sul suo benessere complessivo, non sul bambino scolaro”. I risultati si vedono: “Negli ultimi cinque anni non abbiamo avuto, tra i nostri bambini, allievi bocciati a scuola”. Un aspetto centrale, sottolinea la pedagogista, “è l’educazione al bello”. Anche il Centro, con le sue stanze colorate e a misura di bambino, è stato studiato “per ispirare il sentimento di sentirsi migliori”. In questa logica vanno anche le esperienze di campi estivi.
Un progetto con le scuole. Un’altra chiave del successo del Centro è il rapporto che si è instaurato tra gli educatori e i ragazzi. “Già al momento dell’accoglienza – dice Agostino Tassiero, uno degli educatori – capiamo lo stato d’animo dei bambini e cerchiamo di entrare in contatto con loro”. “Noi – aggiunge un’altra educatrice, Ildanna Taffuri – abbiamo a cuore i ragazzi e cerchiamo di farglielo capire”. E aiutarli significa anche “renderli autonomi, cercando di aiutarli a risolvere da soli i problemi”. Ovviamente, chiarisce l’educatrice Raffaella Lucignano, “apriamo anche i diari per sapere quali compiti devono fare e scegliere quello più difficile da fare al Centro”. I ragazzi hanno anche l’opportunità di usare pc e internet. Importante è anche “allacciare un rapporto con le scuole”, evidenzia Agostino. “Noi – prosegue Raffaella – vogliamo costruire una rete tra le varie agenzie educative, ma spesso la scuola ci percepisce come antagonista”. Adesso il Centro educativo ha in cantiere un progetto di sostegno e formazione per insegnanti: con un gruppo di docenti di Bagnoli si realizzerà un servizio di consulenza e di supporto emotivo a insegnanti che vivono situazioni difficili per i ragazzi a rischio con cui si trovano a lavorare. Il progetto nascerà a maggio, in concomitanza con l’incontro del Papa con il mondo della scuola, e sarà approfondito ulteriormente durante il prossimo anno scolastico.