L'inceneritore di Acerra
Parla monsignor Antonio Di Donna, vescovo di Acerra, all’indomani delle polemiche che hanno suscitato le sue parole nell’omelia per la commemorazione dei defunti, quando ha chiesto garanzie per la salute del popolo che gli è stato affidato: “Continuamente vengono da me mamme che hanno perso i loro bambini. Le ecoballe sono solo la punta di un iceberg. Non è possibile che bruci di tutto e di più questo inceneritore. Chiediamo che sia rispettata la normativa”
“Non ho fatto altro che riprendere le domande che si fanno il popolo, gli esperti e recentemente anche l’amministrazione comunale”. Monsignor Antonio Di Donna, vescovo di Acerra, confida al Sir di “essersi stupito” del clamore suscitato dalle sue parole nell’omelia per la commemorazione dei defunti, al cimitero di Acerra, quando ha chiesto garanzie per la salute del popolo che gli è stato affidato. No alla rassegnazione. Ad Acerra è in funzione l’unico termovalorizzatore di tutta la Campania, in un territorio, aveva ricordato il presule nell’omelia, già devastato. Il vescovo aveva condiviso anche le preoccupazioni della gente per le 10.000 ecoballe provenienti da Eboli. Mons. Di Donna aveva anche chiesto di dialogare su questi temi, senza chiudersi in estremismi pericolosi. Eppure, si è ritrovato, suo malgrado, sotto i riflettori. “Suppongo – ci dice – che ci sia qualcos’altro dietro. È un attacco a una Chiesa che si vuole resti in silenzio. Ma questo non è possibile: noi vescovi campani, negli ultimi due anni, abbiamo scritto due messaggi sulla questione ambientale e lo scorso 27 settembre abbiamo celebrato ad Aversa la Giornata del creato. C’è stata una reazione un po’ sproporzionata alle mie parole che non coglie la vera questione: quale futuro per Acerra? Sembra quasi che ci vogliano dire: avete l’unico inceneritore della Campania, così deve andare. Anche se nessuno lo dice in questa forma, però il rischio è proprio questo: la rassegnazione”.
Trovare soluzioni condivise. Il vescovo prende le distanze anche da chi soffia sul fuoco. “Noi siamo per le forme non violente, per il dialogo, ma le istituzioni diano almeno dei segnali”. Perché, fa notare, “qui ci sono tanti morti. Anche se la scienza ufficiale nega nessi tra inquinamento ambientale e i morti, qui ci sono mamme che piangono i figli morti. C’è una media di una decina di ragazzi e giovani morti all’anno. Questo non è nella norma”. Tanto che ci sono scienziati e medici che una correlazione la vedono eccome. “Se si interrogano i medici di base e anche associazioni che riuniscono medici, sulla base di studi scientifici affermano che un legame c’è. Per questo, in una situazione nella quale non abbiamo dati a senso unico e non c’è chiarezza – sostiene il vescovo -, deve valere il principio di precauzione”. In realtà, evidenzia monsignor Di Donna “il problema non è il termovalorizzatore in sé, ma che il termovalorizzatore è in una zona, come la nostra, dove ci stanno fabbriche e altri siti inquinanti. Non dimentichiamo che c’è il decreto Prodi 263 del 2006, che parla di area disastrata per diossina. Acerra è satura. Per questo, riteniamo una cosa folle voler aumentare la quantità di rifiuti da bruciare”. Sicuramente, “Acerra subisce anche le conseguenze di scelte politiche del passato: non è giusto che una città che ha dato tanto sul fronte ambientale debba avere l’unico termovalorizzatore della Regione Campania. Bisogna trovare altre soluzioni”. Il vescovo ricorda come le gare per gli altri inceneritori previsti a Salerno e Giugliano siano andate deserte. In una fase pre-elettorale “indubbiamente c’è anche un problema politico”, fa notare il presule. A chi fa piacere, infatti, trovarsi un termovalorizzatore nel proprio territorio?
Parole di pastore. La Campania è nell’occhio del ciclone anche per un altro motivo: la recente sentenza della Corte di Giustizia europea ha negato lo sblocco dei fondi Ue destinati a finanziare la raccolta differenziata nella Regione Non solo: come ha ricordato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, pende sull’Italia il rischio imminente di una nuova procedura d’infrazione proprio sul ciclo dei rifiuti in Campania. “Si è creato un circolo vizioso – dice mons. Di Donna -. Ci dicono: voi non dovete protestare perché altrimenti si blocca l’inceneritore, resta per le strade la spazzatura, poi arriva la multa dell’Unione europea e voi siete responsabili di questo con le vostre proteste. Così fanno sentire in colpa per il disastro del mancato smaltimento dei rifiuti della Campania. Allora, qual è l’alternativa? Il silenzio?”. Anche sulla questione delle ecoballe di Eboli, poi fermate dalla Regione, il vescovo vuole chiarire: “L’amministrazione comunale mi ha preceduto di gran lunga nel chiedere di non bruciare ad Acerra le ecoballe. Il vescovo ha dato solo voce alle paure delle gente. Io sono partito dal fatto che continuamente vengono da me mamme che hanno perso i loro bambini. Le ecoballe sono solo la punta di un iceberg. Non è possibile che bruci di tutto e di più questo inceneritore di Acerra: c’è una normativa che stabilisce che deve bruciare una certa quantità dopo la tritovagliatura, proveniente dagli Stir. Chiediamo che sia rispettato questo. Poi la mia richiesta che la società che gestisce l’inceneritore accetti un comitato di controllo sul funzionamento è auspicata anche dal ministro Galletti”. Ma ci sono anche altre zone devastate. Negli ultimi giorni sono stati ritrovati fusti con rifiuti tossici interrati ad Ercolano, di dove è originario mons. Di Donna: “Purtroppo è un problema di tutti: la Campania sta diventando un laboratorio per le questioni ambientali. Esistono altre terre dei fuochi in Italia con rifiuti tossici. Come vengono smaltiti?”. Queste, conclude mons. Di Donna, “sono preoccupazioni di un pastore. Mi hanno fatto passare per un capo popolo, ma io parlo perché sono pastore e lo faccio in linea con il Papa e con i vescovi della Campania”.