“Sarà pure un paradosso – afferma lo storico Giorgio Straniero, in una nota che apparirà sul prossimo numero del Sir – ma il gran parlare che si fa sulla beatificazione di Pio IX, il Papa del Concilio Vaticano I, delle chiusure antirisorgimentali e antiliberali, per di più congiunta con quella di Giovanni XXIII, il Papa del Concilio Vaticano II, dal quale sono scaturite le aperture ecumeniche, alle religioni non cristiane e ‘a tutti gli uomini di buona volontà’, rivela una diffusa disattenzione a quella che è stata storicamente la libertà di opinione nell’ambito della Chiesa cattolica. A cominciare dal dissidio tra Paolo e Pietro sulla questione della circoncisione e a continuare con le dispute medioevali e la grande e riconosciuta indipendenza di giudizio degli studiosi da parte della Gerarchia ecclesiastica. Ed è sufficiente a questo proposito rivedere la disinvoltura con cui tratta le questioni teologico-politiche Dante nella Divina Commedia e discute le figure dei pontefici in particolare quella di Bonifacio VIII, che condanna duramente, ma che onora sul piano della fede come banditore del grande Giubileo del 1300 e come vittima dell’oltraggio di Anagni”. ” “”La Chiesa – spiega Straniero – si pone su un piano più alto rispetto alle questioni contingenti ed eleva sugli altari quelle figure che ritiene testimoni della fede dotati di virtù eroiche sul piano morale. E in questo senso va visto anche l’abbinamento tra Pio IX e Giovanni XXIII, come opportunamente osserva Luigi Accattoli sul ‘Corriere della Sera’ del 27 agosto: ‘Facendo beati insieme i due Papi che convocarono i due Concili si sottolinea la continuità e si invita a interpretare un Concilio alla luce dell’altro. A guardare un Papa attraverso l’altro'”.” “