VENERDÌ SANTO: CARD. BIFFI, “DIO NON È INDIFFERENTE AL NOSTRO DOLORE”.

” “Dio “è un giudice giusto, ma non vuole essere un giustiziere: vuol essere un salvatore”. Anche di fronte “alle nostre pene non resta indifferente e remoto: capisce, condivide, con-soffre perché non può non amare”. Lo afferma il cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna, nell’omelia della celebrazione della Passione del Signore che si tiene oggi pomeriggio nella cattedrale di San Pietro. Perché il venerdì santo – spiega il cardinale Biffi – significa sperimentare il “compatire”, cioè “il patire insieme con chi è attanagliato dal dolore”, “condividere l’angoscia”, “provare” il senso della morte in croce di Cristo, che per primo “ha voluto imparare che cosa significhi soffrire”, per “riuscire a compatire le nostre infermità”. “Lo sappiamo tutti che è abbastanza facile dire delle buone parole a chi sta soffrendo – osserva l’arcivescovo di Bologna -. Ma per arrivare a ‘compatire’- cioè a patire insieme con chi è attanagliato dal dolore – bisogna condividere l’angoscia, bisogna ‘provare’. Ebbene qui veniamo a sapere che il Signore ha voluto appunto ‘provare’ Ecco chi è il nostro Dio; e non c’è nessuna filosofia umana, per quanto acuta e apprezzabile, non c’è nessuna religione per quanto alta e nobile che ce lo dice né che ce lo può dire: a dircelo è soltanto l’evento cristiano, quell’evento che in questi giorni santi noi stiamo commemorando e rivivendo. Il nostro Dio – così ci rivela l’evento che è il ‘cuore’ del cristianesimo – è uno che sa ‘compatire’ perché ‘ha provato’: ha voluto sperimentare di persona cosa voglia dire soffrire e morire”. “Quando il dolore ci morde – dice il cardinale Biffi – sentiamo tutti la tentazione di irrigidirci di fronte al Creatore e di ribellarci. Ma ciò che ci insegna il Venerdì santo scioglie ogni interiore durezza, estingue ogni sentimento ostile, vince ogni pensiero disperato”. E precisa che Dio “è un giudice giusto, ma non vuole essere un giustiziere: vuol essere un salvatore. Per questo, guardando le nostre prevaricazioni e le nostre pene non resta indifferente e remoto: capisce, condivide, con-soffre perché non può non amare”.