Il Papa ammonisce, a questo punto del messaggio per la Quaresima, su un rischio che oggi si può facilmente correre. Scrive infatti che "risulta chiaro che non possiamo mai separare o, addirittura, opporre fede e carità. Queste due virtù teologali sono intimamente unite ed è fuorviante vedere tra di esse un contrasto o una "dialettica". Da un lato, infatti, spiega, "è limitante l’atteggiamento di chi mette in modo così forte l’accento sulla priorità e la decisività della fede da sottovalutare e quasi disprezzare le concrete opere della carità e ridurre questa a generico umanitarismo". Ma, "dall’altro, è altrettanto limitante sostenere un’esagerata supremazia della carità e della sua operosità, pensando che le opere sostituiscano la fede. Per una sana vita spirituale è necessario rifuggire sia dal fideismo che dall’attivismo moralista". È a questo punto che Benedetto XVI approfondisce il significato di "carità", collegandolo alla sua forma più alta, che consiste nell’evangelizzazione. Citando Paolo VI, afferma infatti che "l’annuncio di Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo". E per spiegare questa verità aggiunge che "le opere della carità non sono frutto principalmente dello sforzo umano, da cui trarre vanto ma nascono dalla stessa fede", di fatto testimoniando Cristo.