Settimanali cattolici

50° Fisc: mons. Peradotto (presidente 1968-1980), l’ultima nota scritta per il Sir, “una giusta intuizione”

“Un’udienza memorabile di Paolo VI alla famiglia della Fisc, nel 1977, nei primi dieci anni di vita della Federazione. In Aula Nervi le copie e le raccolte rilegate dei settimanali erano state sistemate su grandi tavoli, alla sinistra del seggio del Papa. Paolo VI passò lentamente davanti all’intera tavola, soffermandosi a lungo davanti a quei fogli. La cosa indimenticabile furono le sue parole, dopo aver scorso i giornali ed esteso anche ad essi la benedizione. La cosa indimenticabile fu la commozione del Papa, l’affetto con cui parlò di quei giornali: perché suo padre fu direttore e a lungo collaboratore del giornale di Brescia…”.
Così monsignor Franco Peradotto, secondo presidente della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc), dal 1968 al 1980 (il primo è stato mons. Aldo Gobbi dal 1966 al 1968), ricordava al Sir nel 2006, in una nota per il 40°, “l’intuizione” che portò alla nascita della Federazione.

In occasione della XVIII assemblea elettiva che si apre oggi a Roma e del 50° di fondazione della Fisc, riproponiamo il ricordo di un “padre fondatore”, deceduto nel 2010.

“La Fisc – scriveva Peradotto al Sir nel 2006 – era giovane, allora, nel 1977. Ma l’impianto che venne dato alla Federazione è lo stesso scheletro che regge la Fisc di oggi, più ricca di persone e di strumenti. C’erano una Commissione culturale e una Commissione tecnica, interne alla Federazione stessa, per le questioni amministrative e legislative. C’era già quel che oggi è il Sir: allora si trattava di un ciclostilato settimanale, che circolava per posta (perché anche il fax era di là da venire) in cui Giovanni Fallani raccoglieva editoriali, commenti, notizie. Un servizio ‘double face’, per l’aggiornamento interno e, però, con materiale che all’occorrenza e alla scelta dei direttori poteva servire alla pubblicazione. C’era, soprattutto, la consapevolezza di uno spazio immenso: uno spazio culturale, nell’Italia del 1968 e poi negli anni di piombo, in cui ogni dialogo appariva difficile, tra cortei e contestazioni, con l’incubo di una generazione di giovani che dichiarava di non voler essere ‘né con lo Stato né con le BR’. In quegli anni l’orizzonte del ‘territorio’ significava scegliere la concretezza di un’informazione locale che veniva confezionata insieme con letture ‘alte’, e ampie, della realtà italiana e internazionale”.

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Oggi, proseguiva Peradotto, “le intuizioni giuste di quel cammino fioriscono nei nuovi giornali aderenti alla Fisc, e nel potenziamento di quelli esistenti, che continuano a fare informazione avendo presente le due dimensioni del locale e dell’universale,–le due dimensioni che sono dentro la nostra gente, dentro ciascuno di noi: e il nostro lavoro è di riscoprirle continuamente, di rendercene consapevoli. Per quanto riguarda la vita della Chiesa così come per l’esperienza del mondo. Ma i miei auguri per la Fisc di oggi, e di domani, sono per altro. Auspico che cresca il ‘patrimonio’ della Federazione: che non è soltanto (per quanto importanti queste cose siano) il servizio che essa svolge, la presenza culturale ed ecclesiale che si è accresciuta. Il patrimonio più prezioso è l’amicizia fra i direttori e i redattori, maturata nei momenti faticosi come in quelli lieti; è la conoscenza di persone significative, quella possibilità, veramente unica, di scoprire l’Italia attraverso le fonti qualificate dei direttori di giornali con cui si condivide non solo il mestiere ma la passione della vita. Ed è, ancora, il patrimonio professionale che i giornali cattolici hanno seminato, accogliendo migliaia di giovani, preti e laici, e facendone dei giornalisti. Dei giornalisti cattolici”.