Solennità
“La solennità di Tutti i Santi è la ‘nostra’ festa: non perché noi siamo bravi, ma perché la santità di Dio ha toccato la nostra vita”. Lo ha detto oggi, prima di guidare la recita dell’Angelus Papa Francesco, nella festa di Ognissanti. “I santi – ha precisato – non sono modellini perfetti, ma persone attraversate da Dio. Possiamo paragonarli alle vetrate delle chiese, che fanno entrare la luce in diverse tonalità di colore. I santi sono nostri fratelli e sorelle che hanno accolto la luce di Dio nel loro cuore e l’hanno trasmessa al mondo, ciascuno secondo la propria ‘tonalità’. Ma tutti sono stati trasparenti, hanno lottato per togliere le macchie e le oscurità del peccato, così da far passare la luce gentile di Dio”. Scopo della vita è “passare la luce di Dio, anche lo scopo della nostra vita”. Il Pontefice ha ricordato che “la felicità non sta nell’avere qualcosa o nel diventare qualcuno, no, la felicità vera è stare col Signore e vivere per amore”. Le beatitudini, ha osservato, “non richiedono gesti eclatanti, non sono per superuomini, ma per chi vive le prove e le fatiche di ogni giorno”. Così “sono i santi: respirano come tutti l’aria inquinata dal male che c’è nel mondo, ma nel cammino non perdono mai di vista il tracciato di Gesù, quello indicato nelle beatitudini, che sono come la mappa della vita cristiana”. Oggi è “la festa di quelli che hanno raggiunto la meta indicata da questa mappa: non solo i santi del calendario, ma tanti fratelli e sorelle ‘della porta accanto’, che magari abbiamo incontrato e conosciuto. È una festa di famiglia, di tante persone semplici e nascoste che in realtà aiutano Dio a mandare avanti il mondo. E ce ne sono tanti anche oggi!”. Il Santo Padre ha quindi esortato: “A questi fratelli e sorelle conosciuti salutiamoli con un bell’applauso”.
Dopo aver ricordato la prima beatitudine, i “poveri in spirito”, che “non vivono per il successo, il potere e il denaro”, ma “credono invece che il Signore è il tesoro della vita, l’amore al prossimo l’unica vera fonte di guadagno”, Francesco ha citato “un’altra beatitudine, che non si trova nel Vangelo, ma alla fine della Bibbia e parla del termine della vita: ‘Beati i morti che muoiono nel Signore’ (Ap 14,13). Domani saremo chiamati ad accompagnare con la preghiera i nostri defunti, perché godano per sempre del Signore”.