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Diocesi: Caritas Mondovì, “Rifugiato a casa mia” è la “testimonianza di un’accoglienza possibile”

Tre rifugiati ospitati in altrettante famiglie monregalesi, un piccolo alloggio messo a disposizione dalla diocesi per tre ragazzi seguiti da “famiglie tutor” a San Michele Mondovì e un altro “adottato” da una famiglia di Trinità (Cn). Sono questi i numeri del primo anno di “Rifugiato a casa mia”, il progetto di Caritas italiana per l’accoglienza e l’integrazione dei rifugiati attuato dalla Caritas diocesana di Mondovì. “Aprirsi al prossimo è sempre una sfida. Per tutti. Ma abbiamo imparato la bellezza del conoscersi pian piano: cose che non si possono costruire a priori”, spiega Samiel Spezzati, referente diocesana del progetto, nel resoconto pubblicato dal settimanale diocesano “L’Unione monregalese”. “La qualità del progetto si basa sul coinvolgimento delle famiglie”, spiegano alla Caritas diocesana. E in effetti, come nota “L’Unione monregalese”, a far la differenza sono state le “relazioni familiari” e, nell’anno, “le disponibilità sono cresciute e, con esse, i legami, le amicizie, la ‘rete sociale’ che dà vita al progetto”. “Nei sei mesi della durata del progetto – spiega il settimanale – i beneficiari (tutti i ragazzi tra i 18 e i 25 anni, fatta eccezione per Amin, 40 anni), oltre a vitto, alloggio e supporto familiare, ricevevano dalla Caritas un piccolo contributo di 100 euro mensili, da spendere liberamente”. “Lo scopo era però il raggiungimento di alcuni obiettivi, diversi a seconda della storia di ciascuno”, viene precisato: qualcuno ha preso la patente, altri si sono diplomati o si sono iscritti a una scuola professionale. Sono quasi tutti inseriti a livello lavorativo e c’è chi è già “in grado di contribuire alle spese” dell’appartamento. “Grazie al coinvolgimento di famiglie e ragazzi straordinari è stato un progetto a lieto fine ma – conclude Spezzati – anche se ci fossero state più difficoltà, non sarebbe comunque un alibi per non provare ancora a dare testimonianza di un’accoglienza possibile”.