Conflitti

Repubblica Centrafricana: card. Nzapalainga (Bangui), “nessuno protegge la popolazione inerme”

Quasi mille sfollati sono tornati alle loro case grazie ai fondi messi a disposizione dalla Santa Sede. E circa diecimila hanno lasciato il Carmelo di Bangui a inizio marzo. Altri — molti dei quali ospitati nelle strutture della Chiesa — stanno un po’ alla volta tornando alla normalità delle loro vite dopo oltre quattro anni di violenze. A fornire notizie sulla Repubblica Centafricana è il card. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, intervistato da Anna Pozzi su “L’Osservatore Romano”. “La capitale Bangui può dirsi sostanzialmente sicura”, informa il cardinale: “Si può circolare liberamente e la gente sta riprendendo progressivamente le proprie attività. Un po’ ovunque si vedono nuovi cantieri, segno che si pensa al futuro. Purtroppo, però, il resto del paese è completamente fuori controllo, in balìa di diversi gruppi armati che attaccano villaggi, uccidono i civili, distruggono e saccheggiano. E nessuno protegge veramente la popolazione inerme”. A proposito del ruolo della Chiesa cattolica nella Repubblica Centrafricana, il porporato fa notare che “ogni volta che i vescovi si incontrano e diffondono un messaggio, è tutta la popolazione che lo attende. Siamo intervenuti su molti temi sensibili: mal governo, tribalismo, nepotismo, corruzione. E anche rispetto alla grave crisi che ha interessato il paese in questi ultimi anni abbiamo più volte giocato il ruolo di sentinelle per tenere desta la popolazione, ma anche e soprattutto per stimolare i leader del paese ad assumersi pienamente le proprie responsabilità”.

Quanto al ruolo delle diverse religioni, che hanno sempre convissuto pacificamente nel Paese, per contrastare la guerra Nzapalainga riferisce che “preti, pastori, imam — i soli punti di riferimenti rimasti in molte aree del paese — hanno chiesto alla gente di essere fedeli al Vangelo e al Corano”. “L’obiettivo principale del nostro impegno è riportare l’unità nel Paese e la coesione sociale”, assicura il cardinale: “Lavoriamo soprattutto per la pace, la riconciliazione e lo sviluppo della popolazione del Centrafrica, cercando di promuovere la comprensione reciproca pur nelle differenze”. Nel frattempo, “chi ha le armi le usa per controllare il territorio, per taglieggiare e sottomettere la popolazione e soprattutto per sfruttare le risorse minerarie del paese”.