Lutti
“Un’artista felice e una donna che aveva cura di sé e degli altri. La sua vita era immersa in una rete di relazioni, con amicizie fedeli che abbracciavano anche i suoi familiari”. Così la Comunità di Sant’Egidio ricorda Sabrina Magnolfi, fiorentina di 44 anni, tetraplegica, uccisa il 4 marzo insieme alla madre dal padre che poi si è suicidato. “La sua vita – si legge in una nota di Sant’Egidio – era immersa in una rete di relazioni, con amicizie fedeli che abbracciavano anche i suoi familiari. La Comunità di Sant’Egidio, l’Unitalsi, la cooperativa Barberi, gli amici della parrocchia e della casa del popolo, le persone del quartiere, i colleghi del suo lavoro al Quartiere 5: tutti sapevano di questa sua capacità di dipingere”. Sabrina aveva infatti esposto i suoi quadri alle mostre allestite dalla scuola di pittura della Comunità di Sant’Egidio – l’ultima delle quali a Palazzo Davanzati. Nel 2007, partecipando a una conferenza a Napoli, aveva conosciuto Ceija Stojka, una signora rom ex deportata nei campi di concentramento di Auschwitz e di Ravensbruck, che aveva voluto rappresentare in una delle sue opere. “Chi ha conosciuto Sabrina, la ricorda così. Era un’artista che traeva gli spunti delle sue opere dalle conoscenze dirette, dai rapporti personali che coltivava con cura e passione, dalle tante amicizie che la circondavano. Il laboratorio che frequentava – conclude la nota – si chiama proprio ‘Laboratorio d’arte degli Amici’ della Comunità di Sant’Egidio, e Sabrina ne era una degli artisti più fedeli”.