Ecumenismo
(da Bose) – “L’ospitalità vissuta a Bose non può farci dimenticare le tragedie vissute da milioni di esseri umani che fuggono da guerre, carestie, catastrofi naturali, persecuzioni etniche o religiose”. Lo ha affermato questa mattina padre Michel Van Parys, benedettino, già priore di Chevetogne, nelle sue conclusioni al XXV Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa svoltosi in questi giorni a Bose. “Sono più di 200 milioni – ha aggiunto – coloro che fuggono. Sono tanti poveri Lazzari che gemono e muoiono alla porta della nostra ricca società che rifiutano di restituire le briciole che hanno rubato e che continuano a rubare a questi poveri”. Ricordando che “l’ospitalità offerta e ricevuta fanno parte integrale del dialogo ecumenico e di quello interreligioso” e ripercorrendo tutti i temi affrontati nel convegno, padre Van Parys ha notato che “sempre più la grande diversità degli ospiti che giungono nei nostri monasteri ci invitano ad un ascolto più fine dell’ospite stesso, all’attenzione alla singola persona, alle sue sofferenze e ad onorare la sua differenza culturale. In questo senso – ha commentato – le comunità monastiche multiculturali sono segni di speranza”. Richiamando l’“ospitalità del cuore” a cui ha fatto riferimento Papa Francesco nel messaggio inviato al convegno, il benedettino ha invitato ad “offrire almeno qualcosa, come ha suggerito Papa Francesco: ospedali da campo per curare i feriti, un tetto in ogni parrocchia o comunità per una famiglia esiliata” perché “un cuore che non ha mani non è discepolo di Gesù Cristo”.