Missione

Papa in Colombia: Messa a Medellín, “non possiamo essere cristiani che alzano continuamente il cartello ‘proibito il passaggio’”

“Coinvolgersi, per qualcuno può sembrare sporcarsi, macchiarsi”: invece significa “crescere in audacia, in un coraggio evangelico che scaturisce dal sapere che sono molti quelli che hanno fame, fame di Dio, fame di dignità, perché sono stati spogliati. E, come cristiani, aiutarli a saziarsi di Dio; non ostacolare o proibire loro questo incontro”. È la sintesi del terzo imperativo dell’omelia pronunciata a Medellín, in cui il Papa ha ammonito: “Non possiamo essere cristiani che alzano continuamente il cartello ‘proibito il passaggio’, né considerare che questo spazio è mia proprietà, impossessandomi di qualcosa che non è assolutamente mio. La Chiesa non è nostra, è di Dio; per tutti c’è posto, tutti sono invitati a trovare qui e tra noi il loro nutrimento. Noi siamo semplici servitori e non possiamo essere quelli che ostacolano tale incontro”. “Lo ha capito bene Pietro Claver”, l’omaggio di Francesco al gesuita in onore del quale celebra la Messa di oggi e che domani venererà a Cartagena: “Schiavo dei neri per sempre fu il motto della sua vita, perché comprese, come discepolo di Gesù, che non poteva rimanere indifferente davanti alla sofferenza dei più abbandonati e oltraggiati del suo tempo e che doveva fare qualcosa per alleviarla”. “La Chiesa in Colombia è chiamata a impegnarsi con maggiore audacia nella formazione di discepoli missionari”, l’appello del Papa sulla scorta di Aparecida. “Discepoli che sappiano veder, giudicare e agire, come proponeva il documento latinoamericano nato in queste terre”, ha proseguito citando il documento di Medellin del 1968: “Discepoli missionari che sanno vedere, senza miopie ereditarie; che esaminano la realtà secondo gli occhi e il cuore di Gesù, e da lì la giudicano. E che rischiano, agiscono, si impegnano”.