Intervista

Natale: Patton (Custode) al Sir, “sul presepe evitiamo polemiche strumentali”

Presepe sì, presepe no: “non ha nessun senso far entrare un simbolo religioso come il presepe dentro polemiche strumentali: il presepe serve per ricordare la nascita di Cristo, un avvenimento che ha cambiato la storia”. È quanto dichiarato dal Custode di Terra Santa, a margine di un’intervista rilasciata al Sir sul Natale. Le polemiche dei giorni scorsi che hanno visto il presepe oggetto anche di propaganda politica, spiega al Sir il Custode, “mi fanno un po’ sorridere. Qui in Terra Santa è normalissimo fare il presepe e Betlemme è la città natale di Gesù che richiama questa tradizione. Basta entrare nella grotta della Natività, o al campo dei pastori, per trovarsi immersi nel mistero dell’Incarnazione. Nelle nostre scuole frequentate almeno al 50% da alunni musulmani non c’è nessun problema e tutti gli studenti partecipano alle feste di Natale. La stessa cosa abbiamo visto in occasione dell’accensione dell’albero di Natale in piazza della Mangiatoia a Betlemme, piena di gente di tutte le fedi e credenze”. “Mi fa sorridere – aggiunge – anche l’idea di non fare il presepe perché siamo incoerenti. Se dovessimo evitare di fare tutte le cose nelle quali siamo incoerenti allora dovremmo smettere di essere cristiani. Se scopriamo delle incoerenze non tolgo i segni ma invito a una maggiore coerenza. E questo è compito dei pastori. Dunque non esageriamo nella provocazione in un senso e nell’altro”. Da qui l’invito a “recuperare il significato del presepe anche come elemento culturale inclusivo. Per gli stessi musulmani la nascita di Gesù è un evento storico. Essi hanno una grande venerazione per la Madonna, la donna più nominata nel Corano”. Parlando del Natale, il Custode di Terra Santa esprime soddisfazione per il record di pellegrinaggi nel 2018: “I pellegrini hanno riacceso un po’ di speranza nei cristiani locali che così si sentono parte della Chiesa universale. I pellegrini non portano solo un beneficio economico ma anche e soprattutto quello di far sentire parte della Chiesa cattolica i nostri cristiani. Per una minoranza questo è fondamentale. Fare il pellegrinaggio è un bene per i pellegrini stessi. Venire pellegrini in Terra Santa vuole dire confrontarsi con il mistero della Incarnazione all’interno della nostra storia. Qui ci si rende conto che la narrazione storica di Gesù non è una favoletta ma il racconto della nascita, della vita, della passione, della morte e resurrezione del Figlio di Dio”.