Dieci Comandamenti
“Un sublime rovesciamento di prospettiva: dalla negazione all’affermazione”. Così don Fabio Rosini, responsabile del Servizio vocazioni della diocesi di Roma, che da 25 anni incontra migliaia di giovani per parlare con loro delle “Dieci Parole”, definisce il ciclo di catechesi che il Papa ha appena concluso sul Decalogo. “Non ha parlato di ciò che è vietato, ma di ciò che è affermato”, puntualizza: “È un viaggio sorprendente, una lettura da cristiani che ci fa scoprire ogni cosa in relazione alla vita felice in Cristo”. E al desiderio di bellezza, quella vera, connaturato in ogni essere umano. “Francesco non propone ai giovani un sottoprodotto, un adattamento”, osserva Rosini a proposito della simpatia che Bergoglio suscita tra le nuove generazioni. E la “generazione wikipedia”, contro tutte le apparenze, punta alla misura alta della vita cristiana, garantisce sulla scorta della sua esperienza venticinquennale a contatto con migliaia di giovani. “Credo che quella di Papa Francesco sia, allo stesso tempo, un’interpretazione nuova e antica”, spiega Rosini: “Se ci pensiamo bene, questa lettura delle Dieci Parole è centrata nella chiave che il Papa dà – molto raffinata, evoluta e aggiornata – nella penultima catechesi: il trauma della legge porta l’uomo alla scoperta di essere povero, che però è anche la scoperta del desiderio del bene in sé. Questo non è solo un bellissimo modo di avvicinarsi alla realtà di ogni uomo e di ogni donna: è vedere la povertà umana e farne un punto di partenza, come fa san Paolo nel capitolo 7 della lettera ai Romani. Anche negli Atti degli apostoli, o nel Vangelo di Giovanni, siamo condotti alla consapevolezza di una bellezza a cui non si accede se non per grazia. La legge serve a capire che non si ha la vita, che la vita va chiesta e che bisogna accoglierla. La povertà, nell’uomo, è una sete che va saziata: di qui l’aggancio con il tema dei desideri”.