Matrimonio

Amoris laetitia: mons. Paglia (Pav), “chiede alla Chiesa tutta un cambio di passo”. Serve una “rivoluzione pastorale”

Rispetto all’attuale fase vissuta dalla famiglia, al crescente bisogno di legami significativi per la vita a cui corrisponde la difficoltà a legarsi tra le persone la Chiesa risponde prendendo atto della complessità della situazione sociale e culturale per mettere in atto una “rivoluzione pastorale”. Lo ha ribadito oggi mons. Vincenzo Paglia, presidente dell’Accademia per la vita e Gran Cancelliere del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del matrimonio e della famiglia, intervenendo ad Assisi al convegno dell’Associazione nazionale parroci e vicari parrocchiali di Italia e Albania dell’Ordine dei frati minori. “La domanda che dobbiamo farci non è sulla dottrina, ma sulla realtà che abbiamo di fronte: cosa fare nella complessità delle storie di vita che, in diverso modo, entrano in contraddizione con essa?”, ha osservato Paglia, secondo cui Amoris laetitia, chiede alla Chiesa tutta un “cambio di passo” nell’accogliere e nel guardare con “misericordia” alla situazione della famiglia. Non c’è un cambiamento di dottrina ma un attento “discernimento” per tenere conto della complessità. Per il presidente della Pav, “famiglia e comunità cristiana debbono trovare la loro nuova alleanza, non per rinchiudersi nel loro circolo ma per fermentare in maniera ‘famigliare’ l’intera società. Nello scenario di un mondo segnato dalla tecnocrazia economica e dalla subordinazione dell’etica alla logica del profitto, è strategico riproporre il ‘Vangelo della famiglia’ come forza di umanesimo”. Il compito dei sacerdoti è accompagnare in questo percorso ecclesiale di conversione e di integrazione. “Quindi niente ‘fai-da-te’, per nessuno. E, secondo una retta ecclesiologia della comunione, anche il vescovo non viene lasciato solo nell’esercizio del suo specifico ministero di unità, che deve sostenere il ministero sacerdotale e la comunità cristiana”. Mons. Paglia ha ribadito che “la Chiesa non può presentarsi come un tribunale, o un pubblico ministero dell’accusa per giudicare gli adempimenti e le inadempienze della legge senza riguardo per le dolorose circostanze della vita e l’interiore riscatto delle coscienze”. “La Chiesa è impegnata dal Signore ad essere coraggiosa e forte proprio nel proteggere i deboli, nel curare le ferite dei padri e delle madri, dei figli e dei fratelli; a cominciare da quelli che si riconoscono prigionieri delle loro colpe e disperati per aver fallito la loro vita”, ha concluso.