Anniversari

Papa Francesco: alla Comunità di Sant’Egidio, “preghiera, poveri e pace”. No alla paura verso lo straniero

“Preghiera, poveri e pace: è il talento della Comunità, maturato in cinquant’anni”. Salutando ieri la Comunità di Sant’Egidio, che lo ha atteso sotto la pioggia davanti alla basilica di Santa Maria in Trastevere, il Papa ha citato le “tre P” consegnate il 15 giugno 2014, quando ha incontrato i poveri della Comunità, fondata da Andrea Riccardi, che compie 50 anni. “Non avete voluto fare di questa festa solo una celebrazione del passato, ma anche e soprattutto una gioiosa manifestazione di responsabilità verso il futuro”, il tributo di Francesco. “Il nostro tempo – ha osservato – conosce grandi paure di fronte alle vaste dimensioni della globalizzazione. E le paure si concentrano spesso su chi è straniero, diverso da noi, povero, come se fosse un nemico. Si fanno anche dei piani di sviluppo delle nazioni sotto la guida della lotta contro questa gente. E allora ci si difende da queste persone, credendo di preservare quello che abbiamo o quello che siamo. L’atmosfera di paura può contagiare anche i cristiani che, come quel servo della parabola, nascondono il dono ricevuto: non lo investono nel futuro, non lo condividono con gli altri, ma lo conservano per sé: ‘Io appartengo alla associazione tale…; io sono di quella comunità…’; si ‘truccano’ la vita con questo e non fanno fiorire il talento. Se siamo da soli, siamo presi facilmente dalla paura. Ma il vostro cammino vi orienta a guardare insieme il futuro: non da soli, non per sé. Insieme con la Chiesa”. “La vostra Comunità, nata alla fine degli anni Sessanta, è figlia del Concilio, del suo messaggio e del suo spirito”, ha ricordato il Papa: “Il futuro del mondo appare incerto, lo sappiamo, lo sentiamo tutti i giorni nei telegiornali. Guardate quante guerre aperte! So che pregate e operate per la pace. Pensiamo ai dolori del popolo siriano, l’amato e martoriato popolo siriano, di cui avete accolto in Europa i rifugiati tramite i corridoi umanitari. Com’è possibile che, dopo le tragedie del ventesimo secolo, si possa ancora ricadere nella stessa assurda logica?”.