Libertà religiosa
“Se Giuseppe e Maria fossero vissuti in Islanda, si sarebbero presi sei anni di detenzione per aver circonciso il figlio”. Con questa “battuta” che rivela però una grande preoccupazione, Rav. Riccardo Di Segni, medico e rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, commenta al Sir la proposta presentata nel Parlamento islandese (Althing) che vuole vietare la circoncisione dei bambini di sesso maschile in assenza di prescrizione medica. Sulla vicenda oggi si sono schierate contro l’iniziativa islandese anche le Chiese cristiane d’Europa. “Bisogna chiarire prima di tutto – esordisce Di Segni – che si tratta di circoncisione maschile. Perché non è affatto chiaro al pubblico. È il taglio del prepuzio che ritualmente viene eseguito secondo il precetto biblico all’ottavo giorno della nascita in modo che sia assolutamente indolore. Fa parte delle tradizioni millenarie del popolo ebraico, sebbene sia seguita anche da altre tradizioni e culture dell’islam che la fanno in età un po’ più avanzata e altre culture che la praticano comunemente”. “È una pratica che fa parte della storia. Basta considerare che il primo gennaio nei calendari era indicato con la circoncisione perché cade otto giorni dopo la nascita di Gesù a Natale. Sono pezzi di cultura che si perdono ed è importante che le Chiese cristiane mantengano la memoria”. La proposta islandese di vietare la circoncisione è “un segno molto angosciante”, dice ancora Di Segni e spiega: “Oggi l’antisemitismo parla la lingua dei diritti civili. E la vicenda islandese ne è proprio la dimostrazione. Si mettono, cioè, in campo i diritti di protezione del bambino a fronte del diritto che è anche un dovere religioso di trasmettere la propria cultura”. Se la proposta passasse in Parlamento, il messaggio che l’Islanda lancia all’Europa è “quello di una preoccupante confusione che apre la strada a scenari allarmanti”, conclude il rabbino capo di Roma.