Medio Oriente
“Riconoscendo i passi compiuti finora dal primo ministro Benjamin Netanyahu, auspichiamo che il governo israeliano si faccia garante di tutti i luoghi santi di Gerusalemme, nel rispetto dello Status Quo e tuteli la presenza dei cristiani in Terra Santa. L’anelito di pace di questa terra passa anche attraverso l’impegno nel contrastare ogni forma di discriminazione sulla base della religione”. È quanto scrivono il cardinale Angelo Bagnasco, presidente del Ccee, e il vescovo Christopher Hill, presidente della Kek, in una lettera congiunta indirizzata a Teofilo III, Patriarca della Città Santa di Gerusalemme, di Tutta la Palestina e Giordania, a Sua Beatitudine Nurhan Boghos Manoogian, Patriarca del Trono Apostolico di San Giacomo (Armeno) e a padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa, i tre leader che recentemente avevano firmato una dichiarazione comune per protestare contro la proposta del comune di Gerusalemme di tassare gli edifici religiosi, disponendo nel contempo anche la chiusura del Santo Sepolcro. Nella lettera, che fa seguito all’incontro dei membri del Comitato Congiunto Ccee-Kek a Bruxelles (9-10 marzo), i presidenti delle due organizzazioni ecclesiali europee chiedono il “rispetto degli accordi esistenti e delle obbligazioni internazionali che garantiscono i diritti e i privilegi delle Chiese” e confidano che “il governo israeliano, sostenuto dal desiderio di pace e giustizia del popolo israeliano, possa prevalere sulla decisione del comune di Gerusalemme di tassare la proprietà delle Chiese. Questa misura metterebbe a rischio non solo i servizi religiosi e caritatevoli rivolti all’intera popolazione del territorio, ma la stessa presenza cristiana a Gerusalemme”. “Speriamo – termina la lettera – che le Istituzioni europee e i governi facciano tutto quanto è in loro potere per garantire il rispetto della legge internazionale e della pace in Terra Santa. La costruzione della casa europea comune, in un continente profondamente radicato nella sua tradizione ebraico-ellenistico-cristiana, passa anche attraverso l’impegno a opporsi a qualsiasi forma di discriminazione basata sulla religione, nonché ad ogni limitazione della libertà religiosa o violazione della legge internazionale anche al di fuori del continente europeo”.