Lettera
“I problemi non sono solo di ordine pubblico, ma anche culturale e sociale e vanno affrontati insieme a quelle famiglie Rom che sono disponibili, isolando, come voi dite, i facinorosi e violenti che impongono la legge del più forte con attività illecite e dannose per tutta la comunità”. Lo scrive l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, in una lettera inviata ai comitati spontanei delle Circoscrizioni V e VI di Torino Nord sulla presenza dei campi Rom al centro di un documento inviato al Consiglio comunale. “Vi posso assicurare che non mancano nei campi Rom famiglie che vorrebbero vivere in modo civile e dignitoso, ma ne sono impedite da un ambiente dove dominano i violenti, in un clima che favorisce l’assenza di regole e l’illegalità”, aggiunge il presule, che chiede di guardare anche all’operato degli italiani. “Il degrado delle discariche abusive è provocato non solo dagli abitanti dei campi – segnala -, ma anche da altre persone e famiglie italiane, che abitano magari in località distanti, e che usano questi terreni pagando a chi gestisce questo commercio abusivo, a scapito degli stessi abitanti dei campi”. Ricordando i “tavoli di lavoro” della diocesi con le istituzioni, le forze del territorio e gli stessi Rom, il presule sottolinea l’impegno di chi cerca “soluzioni concrete di inclusione e integrazione”. Sullo spostamento dei campi, secondo l’arcivescovo, “occorre accogliere il parere positivo degli abitanti e offrire loro una alternativa dignitosa”. Mons. Nosiglia indica ai cittadini anche “l’atteggiamento con cui dobbiamo affrontare la questione”. “Il punto di partenza – aggiunge – non deve essere di condanna assoluta dei Rom, visti come una popolazione da rifiutare in ogni modo e da allontanare, senza averli ascoltati e senza averne riconosciuto anche i diritti propri di ogni persona”. Secondo l’arcivescovo, è vero che “i comportamenti di alcuni di loro possono essere anche giustamente disapprovati, ma sempre con rispetto al principio fondamentale che la nostra fede e civiltà ci indica in simili casi: la via dell’accoglienza e dell’amore del prossimo ci deve guidare”. “Questo non significa affatto essere arrendevoli e accettare forme di illegalità e di comportamenti disonesti – conclude -, ma sostenere ogni persona a comprendere che tali scelte si ritorcono anche contro se stessi e contro quel bene comune che tutti dobbiamo perseguire”.