Verso il Sinodo

Giovani: don Falabretti (Cei), “mettersi in ascolto del loro mondo e del loro desiderio di assoluto”

“È tempo di confronto con un mondo giovanile che, sempre più, lancia segnali provocatori agli adulti che li hanno messi al mondo, ma forse non generati a una qualche seria possibilità di vita”. Lo scrive don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei, nell’articolo pubblicato sul numero di aprile di “Vita Pastorale”, anticipato al Sir. “La prima cosa da fare per comprenderli – aggiunge – è mettersi in ascolto del loro mondo, cercando di dare un nome al loro desiderio profondo di vita e di assoluto”. Il prossimo Sinodo dedicato ai giovani, secondo il direttore dell’Ufficio Cei, è “un’opportunità per entrare in dialogo, senza prenderli in giro. E senza lamentarsi perché non li vediamo più prendere parte alle nostre celebrazioni”. Quindi, don Falabretti segnala cosa c’è da fare: “Occorre che gli adulti per primi s’interroghino sulla propria visione della vita, sull’eredità che lasciamo ai giovani”. Una considerazione di fondo: “Il tempo della giovinezza si è allungato tantissimo”. “Oggi, sembrano scomparsi quei passaggi di vita che decretavano l’inizio di un’età adulta – rileva –. Nel frattempo, è successo che l’età della giovinezza, col suo vitalismo e la sua libertà, è diventata una condizione invidiata da tutti. Anzi, un ideale collettivo. Tutti, oggi, vogliono restare giovani. La vecchiaia è percepita come una ‘malattia’ o un fastidio dal quale stare ben lontani”. Con una conseguenza: “Gli stessi valori sociali inseguono le predilezioni delle giovani generazioni”. “Così l’intera società, anziché guidare i giovani, li ha fatti diventare le proprie guide alla ricerca continua del nuovo, in un circolo vizioso in cui tutti perdono l’orientamento”.