Omelia

Pasqua: mons. Sacchi (Casale Monferrato), “i primi cristiani portavano stampata in volto la notizia della Resurrezione. E noi?”

(Foto: Redazione)

“I primi cristiani portavano stampata in volto la notizia della Resurrezione. E noi, sul nostro volto, che cosa portiamo stampato?”. Lo ha chiesto ieri il vescovo di Casale Monferrato, mons. Gianni Sacchi, nell’omelia pronunciata nel corso della celebrazione eucaristica che ha presieduto in cattedrale nel giorno di Pasqua. “L’annuncio della Resurrezione di Cristo non è così semplice da accettare – ha osservato – ma è la questione discriminante: o crediamo o non crediamo che Cristo è risorto. E questo ci cambia la vita”. Ma, ha continuato, “non basta una tomba vuota per definire la Resurrezione. Che prove abbiamo per fare un annuncio così sconvolgente e inaudito?”. “I discepoli – ha spiegato mons. Sacchi – non hanno assistito alla Resurrezione, nessuno è stato testimone diretto di quel che è accaduto in quella tomba”. “I discepoli ci parlano solo del dopo”, degli “incontri con il Risorto”, ha aggiunto, osservando che nei Vangeli “il Gesù che ci viene mostrato non è il trionfatore, circondato di gloria ma un uomo umanissimo, quasi vulnerabile, indifeso”. E “i segni che mostra non sono quelli del potere, della gloria, ma sono i segni della Passione, le sue ferite che chiede di guardare e toccare”. “È davvero bella e toccante – ha sottolineato il vescovo – questa tenerezza del Risorto che ci chiede amore, che vuole guarire le nostre ferite mostrandoci le sue”. “La prima ragione per credere ai discepoli” è dunque “l’immagine che ci hanno trasmesso di Gesù risorto”. Inoltre, crediamo ai discepoli “perché la loro vita è completamente cambiata” dall’incontro con il Risorto. E “noi crediamo noi nel Cristo risorto? Se crediamo in Cristo risorto, come possiamo rendere credibile la nostra fede in lui? Credo che la risposta sia una sola: con la nostra vita”, ha ammonito mons. Sacchi. “L’unica via è quella della nostra gioia, del nostro amore, della nostra vita che diventa una testimonianza”. Senza Gesù risorto, ha concluso il vescovo, “non possiamo vivere. E senza di lui non possiamo essere testimoni di speranza e di vita, di cui il mondo oggi ha tanto bisogno”.