9º anniversario
“Assistiamo a una ricostruzione a macchia di leopardo: ci sono zone con palazzi riedificati, poi ti giri e tutto intorno vedi solo vuoto e case ancora diroccate”. Lo dice Giustino Parisse descrivendo, in un reportage del Sir su L’Aquila nove anni dopo il terremoto, la situazione attuale della ricostruzione post-sisma, a causa del quale il giornalista perse i suoi due figli di 16 e 18 anni e il padre. Riferendosi allo stato attuale di Onna, borgo frazione de L’Aquila che con i suoi 40 morti su 350 abitanti ha pagato il prezzo più alto in termini di vite umane, Parisse denuncia i tempi lunghi per ottenere i permessi per le ricostruzioni. “Permessi che, annunciati più volte, si sono sempre impantanati nella pastoie della burocrazia, tra vincoli, commissioni e procedure da attuare. E gli anni passano”. “Nove anni dopo il sisma la situazione a Onna vede per 22 aggregati di case da ricostruire (circa 150 immobili), sei cantieri aperti e due soli quelli completati”. E ancora: “Delle famiglie che la notte del 6 aprile vivevano nel centro storico solo due stanno per rientrare nella loro abitazione riedificata. 300 onnesi, vale a dire il 75% degli abitanti del borgo, vivono nel villaggio provvisorio”. Parisse segnala inoltre che “se ci fosse stato un po’ di coraggio politico il nostro paese avrebbe potuto avere un unico appalto di lavori, ma anche in questo caso lungaggini e burocrazia hanno complicato tutto”. Un dato che “non aiuta il morale, gli anni passano e chi è più avanti con l’età dubita di rivedere la propria abitazione riedificata”. Infine, un monito. “La ricostruzione morale e sociale delle comunità terremotate durerà decenni e ricostruire senza un’identità trasformerà il terremoto in un ricordo mitico”.