Alimentazione

Fame nel mondo: rapporto Onu, “aumenta a causa di cambiamenti climatici, conflitti e crisi”

Una persona su 9 nel mondo soffre la fame. Le cause principali dell’aumento dell’insicurezza alimentare sono le variazioni climatiche e gli eventi estremi che incidono sulla produzione agricola e l’accesso al cibo, i conflitti, la violenza e le crisi economiche.  Il trend in aumento rende ancora più difficile il raggiungimento dell’obiettivo “Fame zero” entro il 2030. È quanto emerge dal nuovo rapporto presentato oggi a Roma nella sede della Fao e realizzato in maniera congiunta dalle cinque grandi agenzie Onu che si occupano di questi temi: oltre alla Fao (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per il cibo e l’agricoltura), il World food programme/Pam (Programma alimentare mondiale), l’Unicef che si occupa di infanzia, l’Ifad (Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo), l’Oms/Who (Organizzazione mondiale della sanità). “Oltre ai conflitti, la variabilità del clima e gli eventi climatici estremi – sottolineano le agenzie Onu – sono tra i fattori principali della recente recrudescenza della fame nel mondo, e una delle cause delle gravi crisi alimentari”. Incidono infatti sulla produzione, disponibilità e possibilità di accesso al cibo in maniera continuativa. Tutto ciò che riguarda il settore nutrizionale paga infatti un tributo pesante ai cambiamenti climatici: “Diminuzione della qualità dei nutritivi e della diversità degli alimenti prodotti e consumati; effetti sull’acqua e sull’igiene; rischio sanitario e di contrarre malattie; ripercussione sulle cure alle madri e ai bambini e sull’allattamento al seno”. La fame si fa sentire di più in questi Paesi dove i sistemi agricoli sono più esposti all’aumento delle piogge, al rialzo delle temperature e duri periodi di siccità e dove la sopravvivenza della popolazione dipende soprattutto dall’agricoltura, come nei Paesi dell’Africa sub-sahariana.Tutti questi segnali negativi portano le cinque agenzie Onu a lanciare un appello corale: “Dobbiamo agire rapidamente e su una più vasta scala per aumentare la resilienza e la capacità di adattamento dei sistemi alimentari per contrastare la variabilità del clima e gli eventi estremi climatici”. Per cercare di recuperare il tempo perduto in vista dell’obiettivo “Fame zero” del 2030, le organizzazioni chiedono di “sviluppare partenariati e finanziamenti pluriennali di grande ampiezza in favore di programmi di riduzione e gestione dei rischi derivanti dalle catastrofi e di adattamento ai cambiamenti climatici, all’interno di una visione a corto, medio e lungo termine”.