Lettera

Papa Francesco: ai vescovi Usa su abusi, “ferita nella credibilità non si risolve con decreti volontaristici o nuove commissioni”

“La credibilità della Chiesa si è vista fortemente messa in discussione e debilitata da questi peccati e crimini, ma specialmente dalla volontà di volerli dissimulare e nascondere, il che ha generato una maggiore sensazione di insicurezza, di sfiducia e di mancanza di protezione nei fedeli. L’atteggiamento di occultamento, come sappiamo, lungi dall’aiutare a risolvere i conflitti, ha permesso agli stessi di perpetuarsi e di ferire più profondamente la trama di rapporti che oggi siamo chiamati a curare e ricomporre”. È un passaggio della lettera di Papa Francesco ai vescovi della Conferenza episcopale degli Stati Uniti del Nord America. Il Pontefice ricorda che “i peccati e i crimini commessi e tutte le loro ripercussioni a livello ecclesiale, sociale e culturale hanno creato un’impronta e una ferita profonda nel cuore del popolo fedele. Lo hanno riempito di perplessità, sconcerto e confusione” e “ogni volta che la parola del Vangelo disturba o diventa una testimonianza scomoda, non sono poche le voci che intendono farla tacere segnalando il peccato e le incongruenze dei membri della Chiesa e ancor di più dei loro pastori”. “La lotta contro la cultura dell’abuso, la ferita nella credibilità, come pure lo sconcerto, la confusione e il discredito nella missione esigono, ed esigono da noi, un atteggiamento nuovo e deciso per risolvere il conflitto”, prosegue il Santo Padre: “La ferita nella credibilità esige un approccio particolare poiché non si risolve con decreti volontaristici o stabilendo semplicemente nuove commissioni o migliorando gli organigrammi di lavoro come se fossimo capi di un’agenzia di risorse umane. Una simile visione finisce col ridurre la missione del pastore della Chiesa a un mero compito amministrativo/organizzativo nella ‘impresa dell’evangelizzazione’. Diciamolo chiaramente, molte di queste cose sono necessarie, ma insufficienti, poiché non riescono ad assumere e ad affrontare la realtà nella sua complessità e corrono il rischio di finire col ridurre tutto a problemi organizzativi”.