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Detenuti: dal 28 novembre in libreria “Atonement. Storia di un prigioniero e degli altri”. Mons. Viganò, “la speranza non deve venire meno in carcere”

“Non chiedo mai a un detenuto se è un credente o se prega. Infatti un credente, anche se peccatore, non smette mai di essere credente. Quando il peccato assume i contorni del reato questo non preclude l’essere discepolo del Signore. Discepolo, che in un momento della propria vita, non è riuscito a manifestare il volto di Dio e si è ripiegato sui propri interessi individualistici come il potere”. Sono le parole di mons. Mons. Dario Edoardo Viganò, vice-cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze sociali della Santa Sede, che scrive nell’introduzione del libro “Atonement. Storia di un prigioniero e degli altri” edito dalla Libreria editrice vaticana.
Il volume “Atonement”, curato dalla giornalista Antonella Bolelli Ferrera, è firmato da Salvatore Torre, detenuto cinquantenne fine pena mai, divenuto negli anni scrittore. Sempre nel testo, indica ancora mons. Viganò: “Queste pagine toccano non solo per i contenuti che veicolano, ma per le parole, per le espressioni, spesso forti, a volte anche volgari, che dicono proprio quel mondo fangoso e martoriato da cui difficilmente si intravvede l’orizzonte di un’alba non solo rinnovata ma anche capace di essere, a propria volta, olio profumato sulle ferite profonde e spesso sanguinanti dell’umanità”.
Seguendo progetti di pastorale carceraria dagli anni ’90, prima in Brasile e poi in Italia, mons. Viganò ha sottolineato nel volume di Torre: “Il carcere deve rappresentare per le persone recluse un tratto dell’esistenza che ha come obiettivo non semplicemente ‘pagare un debito con la giustizia’ ma individuare le strade possibili per una rinnovata esistenza. E molti istituti di pena hanno equipe di educatori, psicologi che, insieme alle guardie carcerarie, sanno offrire cammini di riappropriazione della proprie esistenza. Per Salvatore Torre è stata la scrittura, per altri la recitazione – ricordo il bellissimo film dei fratelli Taviani ‘Cesare deve morire’ del 2012, Orso d’oro a Berlino – così come per altri i mestieri della migliore tradizione italiana. Papa Francesco su questo è chiaro: ‘se si chiude in cella la speranza, non c’è futuro per la società. Mai privare del diritto di ricominciare!’”.