Migranti
“Servire i più deboli ed emarginati, in particolare i migranti forzati, che rappresentano in questo momento un grido nel deserto della nostra umanità”. Così il Papa, nel discorso rivolto alla Curia Romana per gli auguri di Natale, ha messo in evidenza uno dei compiti del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, istituito recentemente per “rispondere ai cambiamenti intervenuti a livello globale”, tramite la confluenza di quattro precedenti Pontifici Consigli: Giustizia e Pace, Cor Unum, Pastorale dei migranti e Operatori sanitari. “La Chiesa è chiamata a ricordare a tutti che non si tratta solo di questioni sociali o migratorie ma di persone umane, di fratelli e sorelle che oggi sono il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata”, l’appello di Francesco: “È chiamata a testimoniare che per Dio nessuno è ‘straniero’ o ‘escluso’. È chiamata a svegliare le coscienze assopite nell’indifferenza dinanzi alla realtà del Mar Mediterraneo divenuto per molti, troppi, un cimitero”. “Radicata nella sua tradizione di fede e richiamandosi, negli ultimi decenni, al magistero del Concilio Vaticano II – ha sottolineato il Papa citando la Populorum progressio – la Chiesa ha sempre affermato la grandezza della vocazione di tutti gli esseri umani, che Dio ha creato a sua immagine e somiglianza perché formassero una sola famiglia; e al tempo stesso ha cercato di abbracciare l’umano in tutte le sue dimensioni”. “L’umanità è la cifra distintiva con cui leggere la riforma”, il suggerimento di Francesco: “L’umanità chiama, interpella e provoca, cioè chiama a uscire fuori e a non temere il cambiamento. Non dimentichiamo che il Bambino adagiato nel presepe ha il volto dei nostri fratelli e sorelle più bisognosi, dei poveri che sono i privilegiati di questo mistero e, spesso, coloro che maggiormente riescono a riconoscere la presenza di Dio in mezzo a noi”.