Comunicazione

Papa Francesco: alla Curia Romana, oggi prevale la “forma multimediale”, “passare da un lavoro a compartimenti stagni a un lavoro in sinergia”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Non si tratta più soltanto di ‘usare’ strumenti di comunicazione, ma di vivere in una cultura ampiamente digitalizzata che ha impatti profondissimi sulla nozione di tempo e di spazio, sulla percezione di sé, degli altri e del mondo, sul modo di comunicare, di apprendere, di informarsi, di entrare in relazione con gli altri”. Sono le parole dedicate dal Papa, nel discorso rivolto alla Curia per gli auguri natalizi, dedicate dal Dicastero per la Comunicazione, chiamato a tener conto di “un approccio alla realtà che tende a privilegiare l’immagine rispetto all’ascolto e alla lettura influenza il modo di imparare e lo sviluppo del senso critico”. “Al Dicastero per la Comunicazione è stato affidato il compito di accorpare in una nuova istituzione i nove enti che, precedentemente, si occupavano, in varie modalità e con diversi compiti, di comunicazione”, ha ricordato Francesco: “Il Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, la Sala Stampa della Santa Sede, la Tipografia Vaticana, la Libreria Editrice Vaticana, l’Osservatore Romano, la Radio Vaticana, il Centro Televisivo Vaticano, il Servizio Internet Vaticano, il Servizio Fotografico. Questo accorpamento, tuttavia, in linea con quanto detto, non si proponeva un semplice raggruppamento ‘coordinativo’, ma di armonizzare le diverse componenti in ordine a produrre una migliore offerta di servizi”. “La nuova cultura, marcata da fattori di convergenza e multimedialità, ha bisogno di una risposta adeguata da parte della Sede Apostolica nell’ambito della comunicazione”, la proposta del Papa, secondo il quale “oggi, rispetto ai servizi diversificati, prevale la forma multimediale, e questo segna anche il modo di concepirli, di pensarli e di attuarli. Tutto ciò implica, insieme al cambiamento culturale, una conversione istituzionale e personale per passare da un lavoro a compartimenti stagni – che nei casi migliori aveva qualche coordinamento – a un lavoro intrinsecamente connesso, in sinergia”.