Messaggio

Natale: mons. Caiazzo (Matera), “non è festeggiare un compleanno ma riconoscere Gesù nelle persone”

“La venuta di Gesù nel mondo ha cambiato completamente la storia. Celebrare la sua nascita non è festeggiare un compleanno ma riconoscere Gesù nelle persone, a partire da quelle più vicine, senza escludere nessuno. Penso alle donne che, come la Madonna, hanno una gravidanza non attesa. Sicuramente molte, dopo i primi momenti di smarrimento, sono liete di accogliere la vita come dono di Dio”. Lo scrive mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, nel messaggio di Natale ai fedeli della diocesi. “Quanta infelicità, invece, nella decisione di porre fine ad una vita! – spiega mons. Caiazzo –. Quanta tristezza sapere che ci sono genitori che non trovano tempo da dedicarsi o da donare ai figli! Altrettanta tristezza constatare che ci sono dei figli che non hanno tempo da dedicare ai loro anziani genitori, a volte parcheggiati in case di riposo, e lasciati nella loro solitudine. Eppure Gesù è nato in un contesto familiare. Povero, ma ricco di affetto. Oggi, forse, noi nasciamo ricchi ma poveri d’amore”. Pertanto, per l’arcivescovo , è necessario “ripartire dalle nostre radici. Il senso dell’appartenenza alla propria famiglia ci riporta al forte senso di appartenenza al Vangelo e a Gesù. Non si può essere o vivere da cristiani senza conoscere e vivere con Gesù, il vero festeggiato: la sorgente dalla quale le radici attingono acqua. Diciamocelo chiaramente: il rischio che stiamo correndo è che ogni nostra festa religiosa, quindi anche il Natale, tende a coltivare più l’esteriorità e il bello emozionale fatto di luci, musiche e feste varie, che non l’interiorità e la crescita spirituale, nutrita dall’ascolto della Parola, dalla partecipazione alla vita sacramentale, dalla preghiera e dall’impegno concreto nel sociale con attenzione verso gli ultimi”. “Alla luce di queste considerazioni – conclude – vogliamo sentirci più poveri e quindi bisognosi della luce di Dio che ci riporti ad essere realmente umani, aprendo i nostri cuori, affinché, come direbbe S. Agostino, diventino una culla per accogliere Dio che si fa uomo”.