Violenza
“Vorremmo oggi lanciare un’idea: un progetto di difesa dei migranti vittime di tortura e reati, uno spazio da realizzare insieme ad altri enti e istituzioni, dove prendersi cura di tutte quelle persone che hanno subito violenze che hanno lasciato segni indelebili nella mente e nel corpo, perché trovino innanzitutto un contesto di accoglienza, familiarità e riconoscimento”. È la proposta lanciata da don Virginio Colmegna, presidente della Casa della carità di Milano, al termine del convegno “Africa, alle radici dell’immigrazione”, promosso oggi dal Centro studi Souq della Casa della carità con Cosa (Centro orientamento Studi africani) e Rivista Africa.
Al centro dei lavori, gli interventi di Adama Dieng, sottosegretario alle Nazioni Unite e consigliere del segretario generale sul genocidio, e Boubacar Boris Diop, scrittore senegalese.
“Durante il viaggio verso l’Europa o altri luoghi, molti migranti e rifugiati sono stati vittime o testimoni di crimini e violazioni dei diritti umani, compresi omicidi, sparizioni, schiavitù, estorsione, stupri, torture e altre forme di trattamenti disumani e degradanti. Inoltre, quelli che arrivano a destinazione, spesso devono affrontare ostilità, razzismo e xenofobia”, ha osservato Dieng, secondo cui “credo fermamente che noi tutti abbiamo la responsabilità, non solo di mitigare le sofferenze di migranti e rifugiati, ma anche di promuovere i diritti umani, la coesione sociale e la pace”.
Diop ha invece affrontato il tema degli stereotipi, definendoli “animali dormienti” che possono però risvegliarsi e avere addirittura un carattere omicida. Diop ha portato l’esempio del genocidio del Ruanda: “Nel silenzio della comunità internazionale, sono morte 10mila persone al giorno per 100 giorni”.
“All’ascolto delle preziose conferenze di oggi, vogliamo far seguire l’impegno”, ha affermato don Colmegna. Da qui l’idea del “progetto di difesa dei migranti vittime di tortura e reati”.