Inchiesta beatificazione

Padre Hamel: mons. Lebrun (Rouen), “era un sacerdote che voleva servire la Chiesa fino alla fine”

“Era un sacerdote molto ordinario. Svolgeva il suo ministero in parrocchia ma non di più. Era già anziano. Veniva agli incontri diocesani ma non l’ho mai personalmente sentito parlare in queste occasioni. Ho avuto un contatto con lui molto importante dal quale ho capito che era un sacerdote che voleva servire la Chiesa fino alla fine”. L’arcivescovo di Rouen, Dominque Lebrun, ricorda così padre Jacques Hamel e lo fa parlando al Sir subito dopo aver consegnato alla congregazione per la causa dei Santi gli atti dell’inchiesta diocesana del processo di beatificazione dell’anziano sacerdote ucciso nell’estate del 2016. “Quando è stato ammazzato, dopo le prime coltellate ricevute, ha detto: ‘vattene satana, vattene satana’. Ha capito quindi che non erano i giovani, non erano i musulmani ad ucciderlo ma il diavolo. E’ il Diavolo che si è servito e si serve di persone”. Sui tempi di beatificazione, l’arcivescovo sottolinea: “Padre Hamel è stato assassinato, quindi molti hanno detto che è martire. Il Papa stesso lo ha detto. Ci ha quindi dispensato di aspettare i cinque anni dalla morte per fare il processo perché sia ufficialmente riconosciuto come martire della Chiesa”. L’arcivescovo ritiene che “sarebbe una buona cosa non fermarsi all’atto di violenza. La violenza e l’odio – spiega – “non sono il punto finale. E’ il Paradiso, il passaggio dopo”. Significativo che a consegnare alla Congregazione per le cause dei santi siano stati i giovani della diocesi che al tempo della sua morte, avevano 12/13 anni. Eppure “tutti oggi si ricordano il luogo in cui si trovavano quando è successo. Ammazzare un prete è una cosa veramente inconcepibile. Il prete è per loro un uomo che dà la vita”. Qual è oggi il suo augurio? “Noi ora ci distacchiamo da questo processo”, risponde l’arcivescovo. “Abbiamo fatto la nostra parte. Adesso tocca al vescovo di Roma e ai suoi collaboratori”.