Piano
Fornire un ambiente scolastico sicuro per tutti gli alunni, promuovere il loro benessere e i loro diritti, rafforzare le loro capacità e potenzialità. Le scuole devono essere in grado di prevenire e fare fronte concretamente alla violenza contro i bambini. È quanto si propone il piano sulle politiche di protezione dei minori nelle scuole che fanno capo al Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, presentato ieri a Ramallah da padre Iyad Twal, direttore delle scuole del Patriarcato in Palestina e Israele. Il piano è stato redatto con la collaborazione di World Vision international, organizzazione umanitaria indipendente di ispirazione cristiana, fondata nel 1950 dal missionario statunitense battista Robert Pierce. Il piano punta, inoltre, a coinvolgere non solo alunni, famiglie e insegnanti ma anche tutto lo staff delle scuole del Patriarcato inclusi i lavoratori sociali, gli addetti alle pulizie, gli autisti degli scuolabus e gli operatori della sicurezza. Il protocollo prevede una serie di indicazioni relative al comportamento da assumere o meno riguardo alla presenza dei ragazzi. “Un comportamento accettabile – si legge nel piano – è quello che tratta con rispetto i ragazzi a prescindere dalla loro età, sesso, lingua, religione, origine etnica, classe sociale e orientamento sessuale, che pone particolare enfasi ai loro bisogni psicologici, fisici e sociali tenendo in considerazione l’età, le condizioni di salute e personali”. Nel testo viene ribadito l’uso di un linguaggio e di un comportamento non violento, e sottolineata “l’importanza di incoraggiare ragazzi e loro comunità a parlare apertamente sui loro rapporti con gli adulti e con altri loro coetanei”.
Allo staff scolastico viene detto di: “non restare soli con i ragazzi salvo nei casi previsti dal protocollo, di chiedere permesso ai ragazzi e alle loro famiglie prima di scattare loro foto e spiegarne l’utilizzo che ne verrà fatto; di mettere in atto tutte le misure necessarie per assicurare che i bambini con bisogni speciali possano godere a pieno dei loro diritti all’istruzione e alla salute”. Da ultimo viene raccomandato di “segnalare ogni sospetto o accusa relativa a comportamenti che contraddicono il protocollo, anche se l’informazione potrebbe essere vaga”. Il protocollo giudica “comportamenti inaccettabili avere relazioni sessuali con minori di 18 anni a prescindere dalle leggi o costumi locali relativi all’età del consenso sessuale; sottoporre il ragazzo a ogni tipo di umiliazione, abuso o fornirgli aiuto, beni e servizi in cambio di favori sessuali”. Il protocollo stigmatizza, tra le altre cose, “l’uso di droghe o alcool quando si lavora con i bambini; la visione, la pubblicazione e la condivisione di materiale pedo-pornografico;l’uso del contatto fisico come baci, abbracci e l’invasione dello spazio personale del giovane”. Non meno grave è “avere contatti via social media con i ragazzi senza consenso dei genitori e restare in silenzio o peggio coprire ogni azione contraria alla politica di protezione del giovane”.