Fine vita
“La vicenda di Vincent Lambert pone l’accento su un grande problema di fondo: i malati cosiddetti inguaribili talvolta vengono ritenuti non degni di essere curati, dove per cura andiamo al di là dell’aspetto terapeutico, comprendendo anche l’accudimento e il sostentamento con presidi vitali, che fanno parte della più appropriata solidarietà umana verso le persone più vulnerabili e più fragili”. Lo sottolinea al Sir ir Alberto Gambino, giurista, presidente di Scienza & Vita e prorettore dell’Università europea di Roma, commentando la morte, stamattina di Vincent Lambert, dopo l’interruzione della sua alimentazione e idratazione. “Questa confusione che si fa talvolta anche per motivi di efficienza economica del sistema sanitario – chiarisce Gambino – implica che quando si è inguaribili si verifica qual è una qualità della vita in termini di efficienza e se si ritiene che tale vita non sia pienamente efficiente si smette di curarla e di accudirla. Questo avviene in quei casi di interruzione di alimentazione idratazione, che sono presidi vitali”. Nel caso specifico, “ciò è avvenuto – precisa il giurista – in assenza di una volontà espressa del paziente: Vincent Lambert non ha mai dichiarato espressamente di non continuare a somministrargli alimentazione e idratazione”. Per il presidente di Scienza & Vita, “in assenza di tale dichiarazione espressa, il principio di precauzione vuole che si vada verso la prosecuzione della vita, non verso la sua interruzione, altrimenti il ‘bene vita’ retrocede a una lettura di qualità e, se non è efficiente, a questo punto degrada”. Per Lambert, conclude Gambino, “non siamo davanti a un problema di autodeterminazione, quindi il tema è più profondo e riguarda proprio la lettura che si dà alle vite umane in stato di coscienza minimale: sono vite, hanno anche delle reazioni e relazioni, pur piccole, che meritano di essere accudite, come le altre vite, fino al decesso naturale e non devono subire invece un’accelerazione verso la morte su una valutazione tutta di qualità”.