Visita pastorale
Quello del 21 settembre ad Albano sarà un “incontro familiare” secondo mons. Semeraro, pronto a dire pubblicamente a papa Francesco due cose in particolare: la prima è che la sua diocesi sta prendendo sul serio e sta attuando quanto riportato nella Evangelii Gaudium; l’altra è che “la stampella che li fa camminare” è quella periferia di cui lui parla, cioè una prospettiva, non un luogo geografico ma un modo di leggere la realtà, vedere le cose da parte di chi è più debole, più povero
La visita di papa Francesco ad Albano Laziale nel pomeriggio del 21 settembre 2019, ha un qualcosa di straordinario in un luogo dove in passato i residenti erano più abituati all’abito bianco del pontefice.
Infatti da quando Castel Gandolfo non è più la residenza estiva del pontefice, anche Albano Laziale non ha più visto il papa da quelle parti, dopo che in passato da Paolo VI a Benedetto XVI, passando per Giovanni XXIII, tutti erano stati frequentemente da quelle parti, tanto che Giovanni Paolo II aveva fatto anche delle ordinazioni episcopali nella cattedrale di San Pancrazio.
“La festa di san Matteo, vocazionalmente, per papa Francesco è una data importante. Difatti il motto del suo stemma ‘Miserando atque eligendo’ fa riferimento al commento che fa san Beda sulla vocazione di Matteo”, le parole di mons. Marcello Semeraro che racconta i particolari di questo invito rivolto a papa Francesco, congiunzione tra l’anniversario della riapertura della cattedrale nel 2008 e la festa di san Matteo.
“È una bella sorpresa per la diocesi e per la città ma, al tempo stesso, il collegamento di un legame che c’è tra una diocesi suburbicaria e una diocesi di cui il papa è vescovo”, prosegue il vescovo di Albano che sottolinea l’emozione anche del Comune, pronto ad accogliere il pontefice con la testimonianza di impegno nel volontariato sociale da parte di diverse associazioni cittadine e quella che si anticipa come una bella sopresa, cioè un murales che verrà realizzato proprio davanti all’ingresso della cattedrale dall’artista Maurizio Pallotta, in arte MauPal, noto per i suoi murales a Roma, tra i quali quello con Bergoglio nelle vesti di un “papa superman”.
Il nuovo lavoro è ancora top secret ma indiscrezioni dicono che sarà dedicato alla Laudato Si’ e potrebbe raffigurare papa Francesco intento a pulire il mondo.
“Sarà un po’ come se stesse visitando una parrocchia di Roma”, dichiara mons. Semeraro che non può nascondere il rapporto di amicizia tra lui e Bergoglio, testimoniato anche dalla sorpresa fattagli in occasione del suo ultimo compleanno, quando se l’è visto spuntare alla porta senza nessun preavviso, “credevo fosse uno scherzo di qualcuno che si era vestito da papa. Non lo sapevano neanche i Carabinieri”.
Amicizia iniziata ai tempi del Sinodo dei vescovi del 2001, quando l’allora card. Bergoglio sostituì come relatore l’arcivescovo di New York, rientrato di fretta in diocesi dopo l’attentato delle torri gemelle, proseguita durante i lavori all’esortazione apostolica e anche perché, nei panni di provinciale, indirizzava i gesuiti che studiavano a Roma a dire messa in una parrocchia di Ciampino, nella sua diocesi.
“Per me venire qui è stato entrare in un percorso sconosciuto”, racconta il vescovo a quasi 15 anni dalla nomina ad Albano, spendendo parole lodevoli per il lavoro fatto dai suoi predecessori, come il quasi 98enne mons. Dante Bernini, che Bergoglio ha anche invitato personalmente per il 21 settembre prossimo, e il card. Agostino Vallini.
Una “Chiesa in cammino” in continuità con il passato, così viene descritta da mons. Semeraro la sua diocesi che, attraverso la creatività pastorale, vede come missione l’evangelizzazione “in cerca dei fratelli” che, attraverso la sinodalità, i consigli, i laici, i giovani e il territorio, lavorano su un percorso fatto di accompagnamento, discernimento, creatività che stimoli un progetto di rinnovamento per essere Chiesa madre.
Previsto nella diocesi anche un percorso di formazione per i nuovi parroci sulla “prassi amministrativa della parrocchia”, avvalendosi di un testo stilato prendendo in esame il decennio trascorso, perché “purtroppo queste cose nei seminari non si fanno più”, confessa mons. Semeraro che sottolinea l’attenzione della diocesi nell’approfondimento di diverse problematiche contemporanee attraverso dei sussidi specifici, stilati con il contributo di tecnici e specialisti del settore come l’avvocato Chiara Ammenti, consulente legale della Pontifica Università Lateranense per quanto riguarda la “Privacy in parrocchia” o le “Buone prassi di prevenzione e tutela dei minori in parrocchia”.
La diocesi suburbicaria di Albano conta oltre 500mila residenti, “ma in estate diventano 1 milione e mezzo”, dichiara mons. Semeraro che vede come “un’occasione” la multietnicità della zona, che fa il paio con la varietà e disomogeneità del territorio diviso in una parte storica, una zona industriale, una dedita alla pesca, altra all’agricoltura ed una prettamente turistica, con tutti i problemi del caso che ogni zona può avere, non ultimo la crisi che sta segnando soprattutto il settore industriale.
Varietà geografica e culturale in una diocesi dove si misura anche la diversità nell’attaccamento religioso agli eventi liturgici del calendario pastorale, che alcuni vivono solo come un momento turistico, mentre altri come stato di appartenenza.
Un mondo che cambia non solo come frase ormai ripetuta troppo negli anni, dentro e fuori della Chiesa, ma non realmente percepita come la riflessione “Non siamo in un’epoca di cambiamento ma in un cambiamento d’epoca” sottolineata da papa Francesco a Firenze nel 2015. “Ma ce ne siamo resi conto?
Ci sono cose che non hanno più senso, questo è il grosso problema pastorale.
Questa è la conversione missionaria di cui parla il Papa”, dichiara mons. Semeraro che è sicuro che molti sarebbero felici e disponibili nel rispondere alla domanda su cosa poter aggiungere per “rendere missionaria la propria parrocchia” ma che i problemi inizierebbero se lui dovesse invece domandare “che cosa non dobbiamo fare più per rendere missionaria la nostra parrocchia” (Chiesa in cammino – ed. MiterThev).
La difformità del territorio rende essenziale il lavoro dei Consigli pastorali delle vicarie, che fungono da catalizzatori delle esigenze delle varie zone per poter poi realizzare l’agenda pastorale.
“Ciampino avverte diversamente da Anzio l’essere periferia”, un esempio che rende indispensabile il dialogo con il territorio, “perché la parrocchia standard non esiste”.
Quello del 21 settembre ad Albano sarà un “incontro familiare” secondo mons. Semeraro, pronto a dire pubblicamente a papa Francesco due cose in particolare: la prima è che la sua diocesi sta prendendo sul serio e sta attuando quanto riportato nella Evangelii Gaudium; l’altra è che “la stampella che li fa camminare” è quella periferia di cui lui parla, cioè una prospettiva, non un luogo geografico ma un modo di leggere la realtà, vedere le cose da parte di chi è più debole, più povero.
Proprio con questo spirito nasce la scelta di rinvigorire le case di accoglienza, la casa per i papà separati dai figli realizzata nell’anno della misericordia, la casa delle ragazze madre, la casa per le donne vittime di tratta e le altre strutture gestite da religiosi e religiose, oltre che dalla Caritas diocesana di Albano che ha numerose attività in tal senso come il Centro di ascolto, l’Osservatorio delle povertà e delle risorse, il consultorio familiare, l’housing sociale, l’ambulanza per i servizi sanitari ai senzatetto in collaborazione con il Fatebenefratelli di Genzano, le mense per i poveri, l’assistenza generica per le spese domestiche ma anche aiuti per il pagamento delle tasse universitarie.
“Si vedono miracoli d’amore continuamente”, dichiara don Gabriele D’Annibale, direttore diocesano della Caritas che, grazie agli almeno 1000 volontari formati e gestiti attraverso 8 referenti vicariali, ricorda l’impegno nel farsi prossimi ai poveri che si incontrano nei centri di ascolto e nelle opere segno del territorio, con servizi in favore di persone che hanno perso il lavoro, famiglie in difficoltà e padri separati dai figli. Quest’ultimo un servizio che è divenuto il fiore all’occhiello della Caritas diocesana, perché il percorso di un anno riesce ad aiutarli a ritrovare la serenità e la paternità con i propri figli, tanto che alcuni riescono anche a rientrare nella propria casa e anche a trovare lavoro.
Il servizio offre spazi assistiti a massimo 14 papà separati per poter incontrare i loro figli come in una casa, dove poter ritrovare una certa serenità, piuttosto che essere costretti a incontrarli per strada o nei bar.