Cura dei minori

La casa dove i bambini “risorgono”. Dalla tristezza alla speranza

La Casa Famiglia “Madre Ester” di Scerne di Pineto, accoglie da tutte le regioni del Centro Italia minori affidati dal Tribunale per i minorenni o Servizi sociali territoriali in situazioni di pregiudizio fisico o psicologico, vittime di abbandono, trascuratezza, violenza e abuso. “Io vedo il miracolo nei bambini. Quando entrano sono tristi ma quando vanno via hanno la luce della speranza negli occhi”, la testimonianza di suor Pina Martella che ha visto “risorgere” oltre il 70%, dei 1300 bambini che in 40 anni sono passati per quella struttura che sorge sulla piazza che porta il nome del suo fondatore: don Silvio De Annuntiis

Quando si parla di strutture impegnate nel recupero di bambini abusati o vittime di violenza, si rischia facilmente di farsi trasportare dalle emozioni, proprio per questo motivo l’ideale è quello di partire dai numeri che, seppur freddi, rendono bene l’idea del lavoro che c’è dietro una realtà come la Casa famiglia “Madre Ester” di Scerne di Pineto, nella diocesi di Teramo-Atri.

Dall’8 dicembre 1988, data dell’apertura della Casa famiglia “Madre Ester”, sono 340 i minori accolti, dei quali il 38% andati in adozione, il 51% rientrati nella famiglia di origine e solo l’8% trasferito presso altre strutture. Il dato più confortante è quello che racconta come il 72% dei bimbi presi in cura ha avuto un pieno recupero.

“Questi sono ragazzi che si sono salvati”,

sono le parole di suor Pina Martella che, assieme ad altre due suore, si occupa della struttura da ormai oltre 40 anni e si commuove ogni volta che parla di quei bambini che definisce “risorti”.

La Casa Famiglia “Madre Ester”, realizzata con il contributo del benefattore Carlo Maresca di Pescara e successivamente completata con il contributo della signora Irene Passamonti, accoglie da tutte le regioni del Centro Italia minori affidati dal Tribunale per i minorenni o Servizi sociali territoriali in situazioni di pregiudizio fisico o psicologico, vittime di abbandono, trascuratezza, violenza e abuso.

“I bambini risuscitano”,

queste le parole di suor Pina che riassumono la sua vocazione e che fanno capire la sua devozione, coronata da 1300 bambini, tanti sono quelli passati in quasi 40 anni di attività nella struttura nata con l’accoglienza di ragazze madri nella casa parrocchiale nel 1980 per volere di don Silvio De Annuntiis.

Un sacerdote segnato da una malattia nel 1955 e dall’esperienza tra gli immigrati di Stati Uniti, Africa e Belgio (1956-67), passaggi che lo hanno portato poi all’incontro con madre Ester a Loreto nel 1968 e quindi all’arrivo e collaborazione a Scerne di Pineto con le suore di questo ordine per la realizzazione della Casa Famiglia “Madre Ester”, confluita poi nella Fondazione Maria Regina (www.ibambini.it) che, nel tempo, è divenuta una realtà molto più articolata.

“Io vedo il miracolo nei bambini. Quando entrano sono tristi ma quando vanno via hanno la luce della speranza negli occhi”, prosegue suor Pina che sottolinea come oggi la Fondazione Maria Regina dispone di strutture con piscina, ludoteca, palestra, aula informatica, aula multimediale, lido sul litorale di Pineto oltre che del Centro riabilitativo polivalente Primavera e il Centro studi sociali sull’infanzia e l’adolescenza, ma anche della casa per ferie Stella del Gran Sasso, Casa Debora che accoglie bambini per i quali, anche a causa della loro disabilità, non sia stato possibile procedere all’adozione, la Casa Cara (Comunità Alloggio per la Residenzialità Assistita) e la Comunità “Nido del Focolare” che risponde ai bisogni dei bambini nella fascia della prima infanzia (0-6 anni) allontanati dai genitori e a quelli disabili privi di famiglia di origine o abbandonati alla nascita.

Oltre tutto questo è presente anche un Centro di ascolto e consultorio familiare diocesano, per il quale si forma il personale attraverso un percorso di studi triennale organizzato dalla stessa fondazione, sorto sempre a Scerne di Pineto, nella struttura cresciuta all’ombra della chiesa San Giovanni XXIII che si trova nella piazza dedicata proprio a don Silvio De Annuntiis.

Li chiama tutti “figli” e così li sente suor Pina Martella, una donna che, pur scegliendo la castità, è madre di tanti bambini che, negli anni, sono cresciuti, studiando e divenendo anche medici, ingegneri, musicisti, professionisti che oggi approfittano di ricorrenze come quella dell’8 marzo, quando si ricorda l’anniversario della morte di don Silvio, per tornare nel luogo dove sono “risorti”.

“Ogni bambino ha una storia che fa male”,

le brillano gli occhi quando parla dei suoi figli, di come coccola e ascolta ognuno di loro, durante tutte le notti insonni tormentate dagli incubi dei ricordi delle violenze subite, o quando è costretta ad alzarsi in piena notte con le consorelle per pulirli dal vomito, conseguenza involontaria causata da una madre tossicodipendente assuntrice di eroina durante la gestazione, e non riesce a non far trasparire il dolore difronte all’impotenza nei confronti delle crisi epilettiche di qualcuno a cui una madre ha dato un biberon di metadone per non sentirlo più piangere.

Una vocazione iniziata proprio nella parrocchia di Scerne di Pineto, quando aveva soli 16 anni e don Silvio affidò alle sue cure un bambino musulmano di nome Alì, figlio di un generale dell’esercito libanese di Gheddafi che lo aveva lasciato volontariamente in affido alle suore del posto.

“Devo a lui tutto”, le parole di suor Pina mentre indica il quadro che ritrae Alì e ricorda il dolore nell’aver accompagnato, fino alla morte, quel bambino gravato da problemi fisici che non avrebbero mai fatto pensare a questo esito.

“A quei tempi portavo anche la macchina senza patente”, confessa suor Pina che si vergogna un po’ nell’ammettere di aver offerto un servizio andando anche oltre le regole, anche se poi la patente l’ha ottenuta diventando l’autista del pullman con il quale la fondazione accompagna i bambini anche in gita.

Tutta la struttura conta numerosi educatori, coordinatori, psicologi, operatori ausiliari ed educativi, oltre che i tanti volontari dell’Associazione “L’angelo custode” che anima i momenti di svago e collabora con i diversi settori della fondazione.