“Questo processo così come il processo d’appello in corso su Mafia Capitale devono spingerci a ragionare e approfondire che cosa sono le mafie oggi, che cosa sono storicamente, che cosa sono le forme di corruzione e che cosa è lo Stato, cioè che cos’è la cittadinanza. Non come fatto moralistico, ma a partire da noi stessi, dalla nostra esistenza quotidiana e generale”. Così Vittorio V. Alberti, filosofo e autore del libro “Pane sporco”, commenta al Sir la sentenza di primo grado del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Riflettendo sugli obiettivi colpiti dalla mafia negli anni interessati dal processo, il ’92 e il ’93, il filosofo spiega che sono stati “i simboli della cultura, della nostra identità”. “La mafia sembra aver capito molto bene la potenza simbolica, la potenza di libertà, la potenza educativa, la bellezza di questi luoghi – aggiunge –. Allora, questi luoghi e questo sapere possono rappresentare la chiave per iniziare a sviluppare una coscienza contro la corruzione e contro la mafia. È possibile quindi farlo partendo da ciò che di formidabile abbiamo, cioè il nostro patrimonio storico-artistico. Ciò dovrebbe attivare un processo di azione con le scuole, non saltuario ma sistematico”.